Articolo di Enrico Zoi per la rubrica “A tavola con”- Che cosa mangiava Franco Zeffirelli? Quali ospiti accoglieva alla sua tavola? Con quali vini accompagnava i propri pasti? A queste domande risponde per Gustarviaggiando il figlio adottivo Pippo Zeffirelli, presidente della Fondazione Zeffirelli.
Siamo all’interno del Museo dedicato al Maestro, nel centro storico di Firenze, accanto alle testimonianze della sua arte, nella prestigiosa sede del Complesso di San Firenze.
A tavola con… Franco Zeffirelli
“Franco Zeffirelli era un buongustaio – esordisce Pippo Zeffirelli -, anche se non ha mai avuto grandi pretese: amava le cose semplici, soprattutto la cucina toscana. Aveva una Tata, Edvige, che ha iniziato a lavorare con la sua famiglia quando lui aveva sei anni e lei sedici. È stata la cuoca di casa Zeffirelli ed è stata tutta la vita con lui. Era di origine spezzina, ma ha cucinato sempre toscano. Il Maestro in realtà amava tutto, ma c’erano dei piatti particolari che si facevano più spesso, come i famosi malfatti con spinaci e ricotta, una prelibatezza della casa, spesso preparata per gli ospiti importanti.
Quando Anna Magnani o Maria Callas chiamavano Franco per venire a cena o a pranzo a casa sua, si raccomandavano che ci fossero i malfatti. Ma si mangiava pure la trippa alla toscana, la bistecca alla fiorentina, con carne che veniva sempre da un macellaio fiorentino, purtroppo morto poco tempo fa. Anche il vino era tipicamente toscano. Io sto parlando degli anni fra ’60 e ’80, quando c’era un fornitore da cui si prendeva a damigiane e durava tutto l’anno. Poi, certo, in casi particolari beveva champagne e mangiava altre cose, però gli piacevano le minestre o la pasta al pomodoro.
Era un uomo sano, cresciuto in campagna nei primi anni della sua vita (era a balia da una contadina a Vinci), per cui gradiva cose naturali e sane. Non credo che sul cibo abbia mai fatto problemi. Certo, se gli servivano una pasta scotta, un po’ si arrabbiava, ma per il resto non si lamentava mai”.
Con le cucine internazionali come andava?
“Gli piaceva il giapponese, il pesce crudo, il cinese. Negli anni in cui eravamo a lavorare in America al Metropolitan, quando portò ‘Filomena Marturano’ con Eduardo, si andava volentieri e spesso a Chinatown a mangiare cinese. Anche a Londra, durante i suoi vari spettacoli, si andava da Mr. Chow. Insomma, mangiava di tutto di più: bene e sano. Era uno che assaggiava. In Sicilia, isola che ha frequentato tanto, pure con Luchino Visconti ai tempi de ‘La terra trema’, ma anche ‘Fratello Sole, Sorella Luna’ (Palermo e Monreale), assaggiava il cibo buono locale: le caponate, il cannolo, la brioche con il gelato al limone, i baccelli con il formaggio”.
Cucinava?
“A casa no perché c’era già chi lo faceva. Quando eravamo all’estero, nei lunghi periodi trascorsi per esempio a Vienna o a New York per ‘Amore senza fine’ o a Los Angeles durante il periodo de ‘Il Campione’, si prendeva sempre una casa in affitto e si cucinava. A lui piaceva cucinare, e lì era diverso. Era molto esagerato e complicato: metteva di tutto di più nella preparazione di un sugo o di una salsa, gli piaceva mischiare tante spezie e tanti sapori. A volte il risultato non era magari bello da vedere, ma sempre ottimo al gusto. E non cucinava solo per se stesso, ma anche per amici, attori, collaboratori. Mentre gli piaceva la cucina sana e semplice, quando si metteva lui ai fornelli era complicatissimo, chissà perché! Era un creativo”.
Aveva uno o più ristoranti preferiti?
“Come dicevo prima, a Londra, nei primi anni Settanta gli piaceva tanto Mr. Chow, con le sue dimostrazioni di come faceva gli spaghetti a mano. In Italia, a Roma, preferiva El Toula. Ma tutti venivano a casa: attori come Laurence Olivier se erano a Roma erano ospiti nostri”.
E nei pasti domestici era attento alle formalità?
“Era tutto molto casual. Per esempio, nella villa di Positano, dove per anni ha vissuto alcuni dei momenti più belli della sua vita, dove aveva un cuoco locale, Elia, detto Alì, che cucinava divinamente, e dove avevamo sempre tanti ospiti, c’erano però dei periodi di minore frequentazione, in cui a tavola eravamo comunque una quindicina. Ci sedevamo tutti insieme: noi, il cameriere o il guardarobiere portati da Roma, Liz Taylor.
Era tutto così semplice. Più easy di così non era possibile. Non amava essere da solo, per cui gli inviti erano sempre tanti, soprattutto per le cene. Gli amici arrivavano dalle 20 in poi e fino alle 22 lui non scendeva, perché magari doveva finire di disegnare o di scrivere. A un certo punto, molti cominciavano a lamentarsi, per cui ero io a dire: ‘noi mangiamo, lui quando scende scende’.
Però c’era il problema sollevato da Edvige che lui voleva la pasta al dente o almeno non scotta, quindi quando buttarla? Sì, era tutto molto casual. Certo, a volte c’era un pranzo con ospiti particolari, come Sofia di Spagna con la Regina Madre di Grecia, e allora i camerieri portavano i guanti bianchi. Però non rinunciava mai ai suoi cani, che erano abituati a stare accanto a lui e a richiedere con la zampa la carne o un pezzo di pane o di pasta. Lui tagliava e con la forchetta dava un po’ al cane e un po’ a se stesso.
La Regina si lamentò di questo, anche perché era accanto al Maestro, quindi il cane andava pure da lei, e lui disse: ‘Mi dispiace per lei, ma per me i miei cani sono come figli’. Non è mai tornata! Tutto questo per dire che ci teneva ad avere una certa vita sociale, ma, rispettando tutti e tutto, voleva essere se stesso: le regole erano le sue, non quelle degli altri”.
Con i pasti delle feste comandate come andava?
“Alle feste comandate invitava tanta gente. Natale era un po’ più intimo, con gli amici più cari come Piero Tosi, ad esempio, comunque poca gente: una dozzina di persone sempre sedute. A Capodanno invece c’era la festa vera e propria, con sempre più di cento persone: dal nobile all’attore, dal massaggiatore al medico. Il menu era tradizionale: grandi piatti di pappa al pomodoro e di ribollita, polpette…”.
Vini?
“Preferiva il vino rosso e per almeno trent’anni lo faceva venire dalla Toscana in damigiane. Poi questo fornitore sparì e cominciò a consumare un vino pugliese, ‘L’angioletto è nato’, un vino novello molto buono. Non beveva tantissimo, ma a tavola gli piaceva il suo bicchiere di rosso di qualità”.
Sul set o nelle regie di opere come mangiava?
“Aveva sempre al suo fianco il cameriere Dorino Clarizia, morto qualche anno fa, che cucinava appositamente per lui. Preferiva i suoi spaghetti al cestino, ma se Dorino non c’era mangiava tranquillamente anche il cestino!”.
Il viaggio per il Maestro, cos’era?
“A parte i viaggi di lavoro, anche per trovare le location o per documentarsi su una città o su un’epoca, amava girare il mondo per conoscerlo e apprezzarlo. Ricordo quando capitammo per la prima volta in Brasile per la presentazione del Gesù di Nazareth, che lì uscì come film in due serate: ne approfittammo per visitare il Paese e le sue maggiori città, come Rio”.
Per saperne di più, a questo link Franco-Zeffirelli-fino-all’ultima- cena il mio articolo scritto in occasione del centenario della nascita di Franco Zeffirelli.
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