Articolo di Enrico Zoi per la rubrica “A tavola con” – 101 anni fa nasce Lelio Luttazzi, a Trieste. È il 1923 quando vede la luce questo straordinario jazzista, direttore d’orchestra, compositore,  attore, autore e regista.  Per i boomers, ma non solo, un volto noto e amato della televisione e, in generale, dello spettacolo italiano. A raccontarcelo è la moglie Rossana Luttazzi: l’aspetto enogastronomico arriverà dopo in questa narrazione, per ora godiamoci il suo ritratto…

Chi era davvero Lelio Luttazzi

Lelio era straordinario, unico, un uomo meraviglioso, uno spirito libero e libertario- dice la signora Rossana sull’onda dei ricordi e dell’amore -. Un uomo molto colto, di grande vigore intellettuale, mai ovvio, agnostico, leale, intelligente, gran dissacratore. Anche lui come me detestava l’esibizionismo, la spocchia, la vanità, l’arroganza, la furbizia:sono un pessimo spettatore del protagonismo altrui”.

Aveva e conservò per tutta la vita un grande senso dell’umorismo. Un uomo di grande eleganza nel vestire, era elegante anche in accappatoio, elegante nei modi, nel porsi… Lelio è nato e cresciuto nella Trieste austera e colta dell’epoca. E di quella cultura Lelio era figlio. Trieste era la città di Italo Svevo e di James Joyce. Era interessante conversare con lui, anche solo ascoltarlo era magnifico. Leggeva moltissimo Lelio, appassionato della figura di Oblomov, il personaggio del romanzo di Ivan Gončarov.

PH. ROBERTO GUBERTI w

PH. ROBERTO GUBERTI

Era arguto, sapeva leggere tra le righe e oltre le righe. Era un uomo profondamente liberal. Era di un rigore estremo, con un’educazione fermamente legata alle regole, alla convivenza rispettosa. Era una persona libera ma anche libertaria. Amava il jazz. A 16 anni ascoltò per la prima volta After You’ve Gone interpretata da Louis Armstrong e perse completamente la testa per il jazz.

Amava gli autori americani e quelli suonava: Cole Porter, Hoagy Carmichael, Jerome Kern, George Gershwin, ma anche Puccini! Siamo stati insieme 36 anni… Ho conosciuto Lelio nel 1975 e ci siamo sposati in Comune (per scelta) nel 1979. Tante case, tanti traslochi, fino al ritorno a Trieste all’inizio del 2008. Lelio amava la sua città, l’ha tenuta nel cuore e nella mente per tutta la vita e a Trieste è voluto tornare. Anni irripetibili gli anni del rientro triestino…”.

Parole che emozionano

Parole che emozionano per la loro sincerità e per come tratteggiano quasi pittoricamente l’essenza dell’uomo Lelio Luttazzi.

“Lei mi chiede com’era a tavola – sorride la signora Rossana -. Beh, Lelio era come me, ha sempre mangiato poco. Soprattutto amava una cucina molto semplice. Gli piaceva la pasta condita con pomodoro fresco, basilico e olio. Amava molto il pesce, anche quello cucinato in modo semplice. Per moltissimi anni, da aprile a novembre, stavamo in Sardegna, a Portorotondo, e Lelio mi chiedeva sempre pesce. Ne era davvero ghiotto. Non amava i dolci, non gli piaceva il gelato. Non rinunciava mai ad accompagnare i suoi piatti preferiti con un buon vino. Il vino doveva essere sempre eccezionale! D’inverno amava i rossi: la bonarda, il barbera. D’estate le bollicine”.

Come non ricordare al riguardo la sua famosissima canzone El can de Trieste? Per riascoltarla, cliccate qui

FOTO ANDREA RAFFIN

FOTO ANDREA RAFFIN

Cucinava qualche volta?

“No, Lelio non cucinava, non sapeva farlo e non gli sarebbe certo piaciuto. La prima colazione era quasi sempre a base di caffè, latte, fette biscottate raramente con marmellata, molta frutta fresca. Di nessun particolare rilievo il pranzo… era sempre frugale, veloce: frutta, una verdura e finiva lì.

Assumeva invece, per Lelio, una rilevanza particolare la cena. Raramente restavamo soli a cena. Qualche amico ci accompagnava sempre sia quando andavamo (raramente) al ristorante o quando cenavamo a casa. Lelio amava avere gli amici a cena. Ecco, a cena si lasciava andare un poco di più, nel senso che oltre al cibo, c’erano gli amici con i quali parlare, di solito di musica, e dunque diventava un momento conviviale”.

FOTO DI MARINETTA SAGLIO

FOTO DI MARINETTA SAGLIO

Una conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, viene anche dal suo unico film da regista, L’illazione (1972), un’opera che si rifà al suo caso personale, quando, nel 1970, si trovò al centro di un grave errore giudiziario dal quale uscì completamente scagionato, ma profondamente turbato. In questo lungometraggio, in cui Luttazzi mirava a dimostrare come l’uso improprio della giustizia e le illazioni possano alterare la verità dei fatti e rovinare le persone, la narrazione si svolge praticamente tutta incorniciata in una lunghissima cena che dura fino al mattino seguente. Per chi lo volesse vedere, L’illazione è disponibile a questo link: QUI.

“Anche i cenoni natalizi – prosegue la signora Luttazzi – li condividevamo con gli amici. Di solito, la vigilia di Natale organizzavo una cena tranquilla con pochi amici. Il giorno di Natale amavamo restare da soli, ma il secondo giorno, la casa era aperta dalle 12 a notte fonda: arrivavano gli amici, ed era sempre festa. Chi giocava a carte, chi a tombola, chi leggeva in un angolo della casa, Lelio al pianoforte e si facevano davvero le ore piccole tra una portata e l’altra e una jam session… Il vino, come ho già detto era importante per Lelio. Doveva essere eccellente. Quando ci invitavano gli amici, Lelio era solito portarsi la sua bottiglia di vino che non divideva assolutamente con gli altri commensali. Lo sapevano e lo perdonavano sempre”.

Gli piaceva viaggiare?

“Non molto. Lo faceva per lavoro, per raggiungere i vari teatri per i suoi concerti in trio, o in sestetto… Gli piaceva andare e vivere il più possibile in Sardegna. Amava la barca, la nostra ‘Oblomov’, con la quale abbiamo navigato parecchio nel Mediterraneo… ecco questo gli piaceva tanto! Amava il mare Lelio, la montagna la detestava.

Gli piaceva nuotare, aveva uno stile crawl perfetto. Siamo andati tre o quattro volte a New York, qualche volta per lavoro e qualche volta per fare un regalo a me. A New York amava entrare in un vecchio negozio (da molti anni non esiste più) a ridosso della Quinta, per acquistare i papillon per lo smoking. Li comperava a dozzine, era il negozio dove Sinatra acquistava i suoi papillon, quelli grandi, quelli che piacevano a Lelio…”.

Per saperne di più sul personaggio e sulle attività della fondazione sorta in suo nome: https://www.fondazionelelioluttazzi.it/.

FOTO ROBERTO GUBERTI

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