Volterra e il vino. La famiglia Thomaeus viene dal nord Europa e ha ‘adottato’ 19 ettari vitati a Volterra. Vini biologici, cantina domotica e una decisa identità basato su tecnologia e ‘saper fare’. Il direttore, Michele Senesi, definisce i loro vini alla John Coltraine. L’enologo, Alberto Antonini, un ritorno al futuro.
Vi capita mai di provare un po’ di invidia per il rigore e l’ordine nord europeo? A me questo effetto lo fa già il catalogo Ikea. Noi italiani siamo un popolo variopinto ed energico in una terra generosa e facciamo un sacco di… confusione. Bè, vicino a casa mia, ma vicino vicino (abito nella provincia di Siena), a Volterra per l’esattezza, si è insediato un po’ di nord. Secondo me non ci avete fatto caso, almeno io, finché non ci sono stata non ci avevo fatto caso. La Toscana, qualcosa di indimenticabile.
Volterra e il vino. Dalla Svezia con amore
Quando andate da Castelsangimignano verso Volterra, ad un tratto sulla destra appare una grande cancellata in ferro con un logo rosso e la scritta Monterosola Winery. Se allungate lo sguardo, oltre la cancellata scorgerete in cima al poggio di fronte a voi l’ovale-scultura della serie che trovate fino a Saline. Bengt e Ewa Thomaeus, si chiamano così i proprietari di Monterosola, vengono dalla Svezia e hanno adottato un lembo della nostra Italia.
L’arte tra i dolci poggi
Cosa centra la scultura? Bé, la manutenzione della stessa è impegnativa, come ogni opera d’arte, e loro hanno deciso di accoglierla all’interno dei 120 ha della loro tenuta. Così quando vi fermate a immortalare i dolci poggi della nostra zona (faccio la campanilista lo so) potete cristallizzare anche un pezzo di arte. Se il sublime sia la collina o la scultura a voi l’ardua sentenza.
E come ha deciso di valorizzare la nostra Italia la famiglia Thomaeus? Attraverso il vino. “Cerchiamo un mercato per i nostri vini, non di fare vini per il mercato – spiega Michele Senesi direttore generale dell’azienda – La differenza è un po’ come quella tra la musica di Justin Bieber e di John Coltraine”. Parafrasando: o hai fiducia in ciò che sei, o fai un prodotto per tutti”.
Una sfida che dopo aver incontrato Bengt e Ewa Thomaeus non stenterete a credere possa essere vinta: sorridenti, gioviali, ma se entrate nell’argomento vino e azienda, idee chiare e zero compromessi. Bengt Thomaeus ha fatto l’ingegnere tutta la vita e nella sua azienda ha portato la sua forma mentis.
Funzionalità e sostenibilità
Monterosola Winery
Funzionalità e sostenibilità tradotti in geotermia con acqua fino a 75° che consente di lavare i tini senza additivi chimici, cantina domotica, lieviti autoctoni e molteplici pratiche virtuose basate sul ‘less is more’: per fare meno (ovvero intervenire meno sul vino) serve di più (più conoscenza, più tecnologia).
Monterosola Winery conta oggi 19 ha di vigna per una produzione biologica dal 2013: raccolta a mano, selezione in pianta, vinificazione in tini di cemento a tronco di cono: “Questi contenitori sono un ritorno al futuro. L’acciaio non piace a nessun essere vivente. Il cemento è un ambiente molto più naturale. L’acciaio è sterile e noi stiamo in un ambiente sterile quando stiamo male” spiega Alberto Antonini enologo dell’azienda e fiero compatriota di Leonardo da Vinci. “Io credo siano tutti intelligenti quelli nati a Cerreto Guidi perché lì è nato Leonardo. Viceversa c’è chi dice che siamo tutti scemi perchè l’intelligenza l’ha presa tutta lui”.
Less is more in formato vino
E questo ‘less is more’ formato vino per noi si è condensato in modo elegante in 3 etichette:
Crescendo 2015 – 100% Sangiovese. Color rubino brillante, intenso, ricorda al naso la ciliegia sotto spirito, con note di cuoio e sottobosco, indice della sua evoluzione. Gusto morbido per un vino maturo.
Indomito 2015 – 75% Syrah, 25% Cabernet Sauvignon. Color rubino, denso, intenso e con profumo di ciliegia. Caldo, morbido ha una marcia in più sulla persistenza.
Il Canto della Civetta 2016 – 100% Merlot. Color rubino, denso come ci si aspetta da un Merlot, profumo di lampone fresco, tannico, caldo, persistente e pronto per un bere dai lineamenti morbidi.
Ah, dimenticavo, anche il loro olio extravergine d’oliva merita un assaggio: la pulizia e il rigore produttivo ‘precipitano’ anche nel loro oro verde targato Volterra. E allora se l’incontro tra culture di latitudini differenti crea un ‘giardino’ dove l’ambizione è fare bene e buono… benvenuti in Italia.
“Senzadubbiamente” una grande bella e nuova realtà. Mi auguro, ma questo solo il tempo potrà dirlo, riescano a tradurre nel vino le loro idee e principi. Non solo, anche enologicamente, Volterra, è una scommessa in quanto non propriamente un territorio storicamente vocato all’enologia. Le premesse sono ottime, la potenzialità indiscussa. Da volterrano purosangue ne sono felice e orgoglioso.
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