Come è cambiato il modo di acquistare il cibo. Corsi e ricorsi tra ricordi e innovazioni forzate.. Cibo, alimenti, pranzi e cene, feste comandate. Italia anni ’50, la guerra alle spalle, la ricostruzione e le idee che ripartono. In città e in campagna si trovava ciò di cui si aveva bisogno per alimentarsi, avere l’energia, per camminare o pedalare per raggiungere un luogo di lavoro, per ballare e sognare.  Ancora negli anni  ’70 gli usi i costumi alimentari reggevano nonostante l’avanzare dei prodotti industriali, delle innovazioni.  Ancora i quartieri delle città erano un po’ come piccoli paesi dove bene o male ci si conosceva tutti.

baccelli

Trovavi le zie sposate e con prole, a mettersi il rossetto prima di entrare in macelleria, dove gli occhi azzurri cielo del macellaio ammiccavano da dietro un ciuffo sale e pepe;  dal pizzicagnolo (a Firenze si chiamava così) entravi scostando le tendine di plastica a fili e magicamente ti trovavi in un mondo fatto di profumi che ti assaltavano le narici. Negozi anzi botteghe piene zeppe di alimenti, ogni spazio era usato per esporre la merce.*

I barilotti di cibo sfuso

n via Marconi a Firenze c’era il “bolognese”, figura che troneggiava da dietro un bancone che a me sembrava altissimo, con due baffi come quelli che si vedono agli uomini in divisa su foto ingiallite dal tempo. Era il re del suo tempio/bottega dove sotto la vetrina del banco davano il meglio sì sé barilotti di alici sotto sale e altre prelibatezze mentre fuori, sulla strada, una vaschetta di plastica bianca accoglieva del candido baccalà messo in acqua.

Come eravamo: le città e il modo di acquistare il cibo fiasco impagliato
fiasco

Acquisti giornalieri e ponderati

Ogni acquisto era ponderato:  la mortadella di Bologna con i pistacchi “un etto non di più – diceva la signora – tanto la riprendo domani che a mio marito piace fresca”. Si stava in fila ad aspettare che il “re” dietro al banco ci servisse e intanto le signore chiacchieravano, si scambiavano informazioni, pettegolezzi. C’era  sempre qualcosa di buono da assaggiare e quando qualcosa era davvero speciale  sua moglie, normalmente nascosta dietro l’alto bancone sovrastato da prosciutti, salami, catene di pomodori secchi e ogni altro ben di Dio, scendeva e ci faceva assaggiare la delizia ricordandosi sempre di servire prima i più piccoli.

Damigiane e fiaschi

Era il tempo del vino sfuso, delle damigiane e dei fiaschi con la paglia vera, dei ceci e dei fagioli secchi a peso, un tempo in cui nessuno si domandava se era biologico e da dove venisse, perché non ce n’era bisogno.  Dal “civaiolo” i sacchi di legumi, grani, riempivano il locale e se ne prendeva quanto serviva, non di più non di meno.

Oggi tutto è confezionato, controllato, manipolato, alleggerito, reso digeribile. Siamo cambiati e il nostro apparato digerente si è “raffinato”.  Qualcosa però sta cambiando, lentamente ma stiamo cercando di   tornare un po’ sui nostri passi: distribuzione del pane fai da te in alcuni supermercati, oppure dei cereali per la prima colazione, qualche detersivo. Oggi si parla di cibo ovunque. Cibo cinese, cibo spazzatura, cibo veloce, cibo in scatola, cibo crudo, ecc…

patate

Oggi che non si fa altro che parlare di “food” perché fa  “figo”, oggi che  anche chi non se ne è mai occupato mette mano non solo ai fornelli ma anche alla penna per dispensare consigli senza aver la minima idea di cosa “è stato”, oggi che vedo foto di piatti firmati da chef che sembrano unire a caso gli ingredienti, mi  guardo intorno e spero che i lettori imparino ad andare a fondo, cercando la qualità non solo nei prodotti ma anche in chi da tanti consigli: La salute, va ricordato, è una cosa seria e il cibo è salute. (LEGGI il nostro articolo su Ambiente, cibo e salute)

R.C.