Articolo di Enrico Zoi per  la rubrica “A tavola con…” —

La fame atavica nei film di Totò

Totò aveva una fame atavica nei suoi film. Ricordate la scena di Miseria e nobiltà, pellicola del 1954 di
Mario Mattoli, tratta dall’omonima opera teatrale (1888) di Eduardo Scarpetta e la scorpacciata di
pastasciutta non da galateo? Se la volete rivedere la trovate su RaiPlay
(miseriaenobiltadimmattoli).
Ma non possiamo fermarci qui, perché Totò è (e contemporaneamente non è) il principe Antonio De
Curtis e perché il principe Antonio De Curtis è (e contemporaneamente non è) Totò. Vedasi al riguardo la
famosa intervista di Lello Bersani del 1963, sempre su RaiPlay

Elena Anticoli De Curtis

Elena Anticoli De Curtis (Foto di Peter Ercolano fornita dall’autore dell’articolo)

Elena Anticoli De Curtis ci parla del nonno

Per parlare di tutto questo, abbiamo incontrato Elena Anticoli De Curtis, terzogenita di Liliana De Curtis
(unica figlia di Totò) e quindi nipote del mitico attore napoletano. Elena sta facendo molto per onorare la
memoria del grande nonno: mostre, libri, partecipazioni a documentari, come quello, recente, di Tommaso
Cennamo, del 2023, Totò e il principe De Curtis. L’uomo oltre la maschera, per la cui visione ci
soccorre ancora RaiPlay (totoeilprincipedecurtisluomooltrelamaschera).

Ma veniamo a noi…

“Nonno non era uno che viveva per mangiare, né mangiava tantissimo: poche cose che però dovevano
essere a regola d’arte. Ad esempio, la mozzarella di bufala. Come si vede in Miseria e nobiltà, tu devi
premere: se esce la goccia, la prendi, se no desisti! Una delle sue pietanze preferite era la pasta e fagioli
classica napoletana, poi lo spaghetto aglio, olio e peperoncino sciuè sciuè. Per quanto riguarda l’aspetto
del bere, lui beveva un bicchiere di vino a pasto. Non aveva grosse preferenze, in sostanza non andava a
cercare vini particolari. Bastava che fosse buono, un vino da tavola. Preferiva il whisky: se ne prendeva
un goccetto la sera per rilassarsi”.

Gli spaghetti di Miseria e nobiltà

Gli spaghetti di Miseria e nobiltà

Aveva un ‘suo’ ristorante?

“Nei miei viaggi insieme al nonno, a Lugano, siamo andati all’albergo Hotel Splendid Royale, che lui
frequentava. Lì aveva un suo tavolo e mangiava anche qualcosa di pesce. Il pesce, sì, lo apprezzava. Però
non era un viveur: quando era fuori dalle scene, amava stare a casa sua. Era una persona estremamente
riservata e non gli piaceva essere disturbato”.

Era solito fare molti inviti?

“No, a casa invitava pochissime persone: a tavola al massimo si era in sei. Un gruppo ristretto!”.
Hai qualche aneddoto particolare da raccontare?
“Me ne viene in mente uno, che mia madre trascrisse nel suo libro di ricette “Fegato qua, fegato là, fegato
fritto e baccalà” [una fonte importante di notizie enogastronomiche su Totò, pubblicato nel 2001 da
Rizzoli]: il nonno e Peppino De Filippo, un giorno in cui avevano fame, catturarono un piccione e
decisero di cucinarselo! O meglio, fu Peppino che lo prese, perché nonno si preoccupava per il povero
animale: c’era l’occasione, erano in un contesto in cui lo potevano catturare, avevano fame, per cui
Peppino cercò di fargli superare i sensi di colpa. Anche perché era l’unica cosa che avevano per le mani
per mangiare”.

Totò e Aldo Fabrizi

Totò e Aldo Fabrizi

Supponendo che ne fosse stato informato da Totò stesso, non si sarà mica ispirato a questo episodio Pier
Paolo Pasolini in Uccellacci e uccellini, quando Totò e Ninetto (Ninetto Davoli), stanchi dello
sproloquiare del corvo, lo uccidono e se lo fanno arrosto?
“Può essere. Ma mi è venuto in mente un altro episodio: la mia bisnonna era un’ottima cuoca e iniziava a
cucinare alle 7 di mattina. Era una donna abbastanza in carne. Per esempio, verso le 11 di mattina si
faceva una piccola ‘supponta’, il piatto di pasta napoletano che ti consente di arrivare all’ora di pranzo
senza troppa fame.

Solo che lei, quando la mattina portava il caffè in camera al nonno, aveva l’abitudine di
chiedergli cosa volesse per pranzo. Devi sapere che nonno, la mattina, era una persona improponibile: non
voleva sentir parlare nessuno né in alcun modo essere disturbato. Usciva dalla camera da letto verso
mezzogiorno. Un po’ anche perché era pigro, ma soprattutto perché, lavorando in teatro, faceva tardi dopo
lo spettacolo, quindi la mattina lui… e poi diceva che non si può far ridere la mattina presto! Pure quando
lavorava a un film, non arrivava mai sul set prima di mezzogiorno. Invece, la bisnonna gli portava il caffè
e cominciava a porgli le solite domande su cosa desiderasse per pranzo, così lui si scocciava moltissimo.
Poteva preparare quello che le pareva: lui non voleva sentire nessuno! Questo succedeva regolarmente
ogni mattina. Lo dicevamo alla bisnonna, ma a lei non interessava!”.

Ma tua madre ha imparato a cucinare dalla bisnonna?

“Sì! Soprattutto quando nonno partiva in tournée e andava anche la nonna, lei rimaneva sola con Anna
Clemente e Giuseppe De Curtis. Un anno, intorno ai 14 anni, la mamma aveva messo su peso, quindi,
quando i nonni rientrarono, la trovarono abbastanza ingrassata!”.


Da quello che racconti, anche la vita reale conferma la dicotomia fra la persona Antonio De Curtis e il personaggio Totò: Totò ha sempre fame, un po’ come lo Zanni della tradizione della commedia dell’arte, a differenza di Antonio De Curtis. Tu che ne pensi?

“La maschera Totò è giusto che abbia sempre fame, in quanto retaggio, appunto, della tradizione. Tuttavia,
attenzione al discorso della dicotomia. Non ci può essere Totò da una parte e De Curtis dall’altra…”

Certo, non è Dottor Jekyll e Mister Hyde…

“No, infatti. Di fondo, i due sono insieme. Nonno era un uomo molto magro e, una volta raggiunto un
certo benessere, era normale che non avesse più questa fame atavica. Insomma, non era come Aldo
Fabrizi! Nonno non si sarebbe mai abbuffato. E non c’entra il discorso dell’aristocrazia. Anche se Antonio
De Curtis non fosse stato un principe, avrebbe avuto con il cibo un rapporto semplicemente normale. Gli
piacevano le cose buone, ma non viveva per il cibo. Mangiava come un uccellino e non cucinava.

Aveva
però una bella amicizia proprio con Fabrizi, che invitava spesso. Del resto, Fabrizi cucinava benissimo ed
era una delle poche persone che entravano a casa sua insieme ad Alberto Sordi. Però alla tavola teneva
moltissimo: tutte le posate erano incise con le sue iniziali, ‘AdC’, con la corona sul manico. Ugualmente
corona e ‘AdC’ al centro dei piatti: di ceramica, bellissimi, di Meissen, con la balza intorno blu cobalto e
l’oro zecchino puntellato. I bicchieri erano di Baccarat. Insomma, la tavola gli piaceva in un certo modo”.

Come andavano a casa De Curtis i pranzi e le cene delle feste tradizionali?

“Ricordo soltanto, quando mia nonna raggiunse nonno a Roma per andare a vivere con lui, che la prima
cosa che fecero insieme quell’anno è andare tutti e due a piazza Navona a comprare tutto ciò che serviva,
sì, per il Natale, però soprattutto per il Presepe. Questo perché fondamentalmente erano accomunati da
questo: mia nonna era cresciuta in collegio per cui l’usanza di preparare albero e Presepe a Natale non
c’era, lei l’ha vissuta poco; nonno, da bambino, non aveva le possibilità. Per cui, facendo famiglia, il primo
desiderio fu fare il Presepe. Il Natale restò sempre una cosa privata: la famiglia ristretta. Grosse cene tutti
insieme no, nemmeno con le nuove generazioni di nipoti. Nonno non amava la confusione della cena, i
ragazzini… I bambini per lui dovevano stare composti. Però, a Natale, ha sempre pensato ai regali, pur
rimanendo sulle sue, un po’ casalingo”.

Elena Anticoli De Curtis ed Enrico Zoi insieme nel 2017 a Roma

Elena Anticoli De Curtis ed Enrico Zoi insieme nel 2017 a Roma

Tornando ai ristoranti, oltre a quello già citato di Lugano, ne aveva qualcuno preferito tra Roma e Napoli?

“Non saprei, ma certo a Napoli sarà andato a mangiarsi la pizza dalla storica pizzeria Brandi!”.
Da ricordare, al riguardo, la scena di Totò e la pizza nel film San Giovanni Decollato (1940, Amleto
Palermi). La potete rivedere al link https://www.facebook.com/watch/?v=983988889869671 mentre il film completo è disponibile su RaiPlaySan-Giovanni-decollato-

Ultimo tema, il viaggio. Immagino che abbia viaggiato molto per lavoro, soprattutto con l’attività teatrale.
Che rapporto aveva con il viaggio?

“Nonno amava viaggiare, però in treno. L’aereo no. Ne aveva paura. Usava il treno, ma, essendo
superstizioso, non sedeva sui posti 13 o 17. Poi non amava mischiarsi con le altre persone, così affittava
tutti e sei i posti dello scompartimento. Se viaggiava con la nonna, lo faceva anche perché era geloso: non
voleva che la guardassero, cose di questo tipo. La paura di volare ha inciso sulla sua carriera. Avrebbe
potuto lavorare in Inghilterra e, soprattutto, in America, ma per lui l’aereo era inconcepibile. Anche in
Africa si servì della nave. Del resto, aveva lo yacht, però andava sotto costa, mai in mare aperto, sempre
perché aveva paura. Viaggiava molto pure in macchina, naturalmente perché a guidare era l’autista!
Insomma, gli piaceva andare in giro, ma non è che volesse scoprire il mondo”.

 

Enrico Zoi