Articolo di Enrico Zoi per la rubrica “A tavola con...” –  Lina Wertmüller, e ho detto tutto. Scriviamo con questa intervista un altro piccolo capitolo di storia del cinema andando a indagare sulla grande regista Oscar onorario 2020 (autrice di capolavori come, fra gli altri, Mimì metallurgico ferito nell’onore, Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…”, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, Pasqualino Settebellezze, e via così).  Naturalmente attraverso il consueto filtro del buon cibo, del buon bere e del viaggio.

A guidarci nel simpatico itinerario il nipote Massimo Wertmüller, ottimo e noto attore di cinema e televisione, visto nei film della stessa zia, di Ettore Scola, di Luigi Magni, di Sergio Corbucci, di Alessandro D’Alatri, di Edoardo Leo, e, sul piccolo schermo, ne La squadra, tanto per citare la sua fiction più famosa (era il commissario capo Giorgio Pettenella). Il quale nipote, per giungere al dunque, ci guida in una lunga, ma necessaria premessa, dandoci così un ritratto simpatico, completo e anche parzialmente inedito di Lina Wertmüller.

Chi era Lina Wertmüller?

“Il mondo piange la scomparsa di un genio, anzi della genia Lina – dice -. Quando vanno via persone come lei, vanno via dei maestri non solo nel loro campo, ma anche maestri di vita… Lina, o Luigi Magni, che per me è stato un secondo padre, Gigi Proietti, che considero un fratello maggiore, o Antonello Falqui, e poi via via Ettore Scola, Mario Monicelli, tutti!

Di fronte a una coerenza di pensiero e di messaggio che davano con la loro opera loro non derogavano mai. E Lina, dietro una cifra grottesca inventata da lei, è stata una regista politica. In questo senso, questo ‘albero’ dei registi politici non ha dato poi tutti questi frutti, non ne vediamo così tanti. Perciò mi è piaciuto che Paola Cortellesi, un’attrice conosciuta per i suoi lati comici, come opera prima abbia voluto trattare il riscatto delle donne attraverso il voto.

Detto questo, proprio perché tutti piangono il genio di Lina, io piango la zia! Mai dirglielo eh! Come la chiamavo zia Lina, si incazzava subito! Affettuosamente eh, ma non la dovevo chiamare zia! Il fatto, però, di averla avuta accanto mi ha fatto capire cosa volesse dire ‘genio’. Quando tu nasci così, ti dimentichi di essere nato così.

Mi diceva che pensava sempre a come stare nelle maniglie della vita per poter guidare la propria esistenza. Vuoi stare tra chi ha in mano le maniglie, i manici del motore della vita o vuoi essere un ingranaggio di tale motore?

Poi piano piano ho capito che pure i Gesuiti la pensano così, e Lina era un po’ gesuita! Lina ‘menava’: era severa con se stessa e con gli altri. Anche al gesuita un giorno ho chiesto ‘che ne facciamo degli edicolanti, dei ragionieri, cioè di quanti hanno deciso di vivere onestamente nell’ingranaggio, con una loro umiltà?’

Genio per nascita

Tornando a Lina, è vero che tutti i geni hanno una componente di nascita e che io ho sempre desiderato, essendo consanguinei, di avere una cellula mia con gli occhialetti bianchi, una, ma evidentemente non è andata così! Però, detto questo, capivo pure quanta preparazione ci fosse dietro il genio. Lina, fino all’ultimo, si metteva la sveglia la mattina presto per andarsi a sedere alla macchina da scrivere. Anche quando non doveva girare alcun film. Era una che sapeva benissimo anche la professione, ad esempio, del microfonista e nessuno la poteva fregare.

Conosceva esattamente tutti i mestieri del set, a memoria! In altre parole, coltivava la competenza, che poi serviva per la cura del particolare. Io ho lavorato con Magni al cinema, con Falqui in televisione e con Proietti in teatro: tutti erano l’immagine della cura del dettaglio. Purtroppo, stilisticamente e culturalmente abbiamo perso il rapporto con la cura del particolare. Alla fine, però (si dice spesso, ma è la pura verità), il grandissimo è una persona semplice.

Massimo Wertmüller in Notte d estate con profilo greco

Prendi Napoleone: quando sono andato all’isola d’Elba, ho visto dove abitava, meraviglioso! Ma lui, invece di dormire nel letto a baldacchino a tre piazze con la zanzariera, si era portato la sua brandina della trincea: dormiva volentieri lì. Lina non è che dormisse su una brandina (aveva una casa bellissima), però il fatto di aver vissuto divertendosi (vai a dire a un bambino di togliersi la stella da sceriffo, lui ci crede!), l’idea di allestire un set come una trincea, come un militare, set dove Lina era la prima ad arrivare e l’ultima ad andarsene, tutto questo la rendeva vicina a un’idea ‘napoleonica’ in questo contatto con la parte più umile del suo lavoro…”

Pizza Margherita e e gelato al cioccolato

Poi ti do anche un piccolo scoop – prosegue Massimo -: ho scoperto che noi Wertmüller, che abbiamo avuto ancora dei Wertmüller a Palazzo San Gervasio, in Basilicata, o meglio che uno degli ultimi Wertmüller, il padre di mio nonno, a sua volta padre di Lina e di mio padre, che di Lina era quindi fratello, era stato adottato da un proprietario terriero. Ed era figlio di contadini. Biologicamente quindi non era un Wertmüller.

Probabilmente nasce da qui questa cosa che Lina (ma anch’io) si trovava meglio a Sparta che ad Atene! Per cui – vedi un po’ come l’ho presa larga! -, per quanto riguarda i suoi gusti a tavola, era un po’ così. Amava fondamentalmente due cose: la pizza Margherita e il gelato al cioccolato. Basta. La vita poteva cominciare e finire lì.

Non era una grande mangiona. Se fisicamente era minuta, va detto anche che bruciava pure tanto. Differentemente da me, che amo mangiare. Io ho avuto quattro bypass per quattro problematiche scoperte per caso, soprattutto perché esageravo nei formaggi e, in genere, mi piaceva molto mangiare. Adesso devo stare attento. Lina no, Lina era sobria, diciamo spartana anche nel mangiare”.

pizza margherita

Quindi come andava con i pranzi o le cene familiari? Anche a Natale mangiava la pizza Margherita?

“No, in quel caso ci pensava la nonna. Direi che lì non ci capiamo molto come Wertmüller. Provo a spiegarmi. Io per onestà dico che sono vegetariano, ma in realtà sono vegano. Non mangio più animali, non ce la faccio. Anzi, ho trovato qui una mia piccola missione dell’ultimo quarto d’ora che ho davanti. Più del mio lavoro, mi prende la passione, la partecipazione civica a questo tema.

Per cui prova a immaginare nonna che si mangiava l’occhio dell’abbacchio di fronte a Federico Fellini (pensa te certe volte che Natali!), il quale le diceva ‘Mamma mia, ma fai proprio schifo!’. E lei, con la carne ancora in bocca, rispondeva ‘Federi’, non mi ròmpe’ li cojoni!’, e continuava a mangiare. Questi erano i Natali! Lina, in questo senso, non aveva preclusioni, però la facevi impazzire con la pizza Margherita e il gelato al cioccolato. Certo, quando veniva, nonna le faceva trovare quello che le piaceva giustamente. Però a volte era anche a girare da qualche parte”.

Con cosa accompagnava la pizza Margherita?

Lina ha anche prodotto un vino, a Brescia, dove viveva la famiglia di suo marito Enrico Job: un Franciacorta. Era un vino rosso buonissimo. Lei però, anche lì, era morigerata. Se ti dovessi dire che mi ricordo una Lina ubriaca con gli amici, magari che canta uno stornello romano, direi una bugia: non me la ricordo. Giocherellona e simpatica sì! Pensa che organizzava sempre i giochi per gli amici alla Palazzina Job a Brescia come una bambina di tre anni.

Tornando alla pizza, la accompagnava come si dovrebbe fare: con un po’ di vino rosso buono, per il gusto del vino buono. Poi, certo, c’è una parte conviviale del vino (in cui onestamente io ho già dato e do ancora quando siamo fra amici!) che non richiede tutti questi recinti di comportamento: stai lì, ti diverti nell’ennesimo cincin. In questo senso, il vino ha un aspetto divertente e carino che devi saper gestire (diciamo una volta la settimana?), ma concedendosi qualche strappo. Ecco, io Lina, a tavola, l’ho sempre vista presente, attenta, mai senza confini”.

La-Squadra

Qualche scena in tema in un suo film?

“Che ti devo dire? Pensa che lei nel 2022 girò un film molto bello su un pastificio – si intitolava Francesca e Nunziata, con Sophia Loren, Giancarlo Giannini, Claudia Gerini e Raoul Bova -. Avevo una parte anch’io. Eravamo circondati dalla pasta, però…”.

Forse, aggiungiamo noi, solo Napoli le ha fatto fare uno strappo alla regola. Penso al suo Sabato, domenica e lunedì, tratto dall’omonima commedia di Eduardo de Filippo, dove, cito dal Ralloweblog “la sublimazione del concetto di ragù è metafora del rapporto in bilico tra Rosa (Sophia Loren) e Peppino (Luca De Filippo) sposati da trent’anni. L’irrequietezza della donna, che teme un tradimento, si manifesta prima nella macelleria dove ‘giunge alle mani’ con un’altra donna per una discussione sul perfetto, poi nel pranzo domenicale dove Rosa è offesa dal ‘tradimento gastronomico’ del marito, reo di aver sovrastimato i maccheroni alla siciliana della nuora e Peppino si ’ingelosisce del vicino di casa che gradisce oltre misura la cucina di sua moglie. E così mentre tutti sono seduti intorno al tavolo e assaggiano U ‘Rau, piatto simbolo della cucina napoletana che si deve cucinare per giorni, questo diventa un mezzo per rivelare vecchi rancori, scoprire segreti, raccontare verità e riappacificarsi”. Ma qui a monte c’è l’esigenza di rispettare la narrazione di Eduardo, non un’iniziativa spontanea di Lina.

Francesca e Nunziata locandina

Quali erano, infine, i viaggi di Lina?

“Era differente dal nipote, che sono io e che nel tempo ho scoperto di avere sbagliato mestiere perché ho una capoccia affascinante come un impiegato del catasto! Se tu mi togli, ma non da Roma, addirittura dal baretto sotto casa (!), mi sento perso. Se per lavoro in una giornata vado a Milano o a Catania e la sera torno con l’aereo a Roma, un po’ commosso sono: pensa un po’ come sto io!

Lina era diversa e te la associo a un ricordo molto colorato. Vedi, con queste persone se ne va anche uno stile di vita, un comportamento. Per esempio, Lina era elegantissima, sapeva mettere insieme i colori. L’amore totale per i viaggi che lei aveva lo vedevi ogni tanto nel vestiario: una volta pareva un’indiana, un’altra una messicana. Era sempre molto colorata, ma con grande gusto. Quindi, sì, lei amava moltissimo viaggiare e trovava forse in Spagna e India dei gusti naturali vicini a sé. Questo mi ricordo di Lina”.

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