Enrico Zoi per la rubrica “A tavola con…” – “Bond, James Bond.. Il motto inciso sul blasone di famiglia (lui è di origini nobili, anche se non lo fa mai notare) sentenzia “Il mondo non è abbastanza”. Un bel motto, che da sempre guida le sue (a volte azzardate, sempre decise, mai discutibili) scelte. In tutte le cose della vita: Il lavoro, il pericolo, le armi, le donne”.

Luca Elmi racconta James Bond

Esordisce così il regista e produttore (David di Donatello per Il primo Re, di Matteo Rovere) Luca Elmi, grande esperto e appassionato di cinema, quando lo stuzzichiamo a parlare di James Bond, uno dei suoi personaggi preferiti. Lo dice lui, non noi. Noi che, naturalmente, lo portiamo subito sul versante enogastronomico del mito 007…

Luca Elmi

“… e allora parliamo del cibo di Bond, che oggi sembra essere l’argomento che più ci si confà – risponde Elmi -. James ha un palato fine e gusti raffinati e costosi (potrebbe essere altrimenti?), ma non disdegna un piatto di cosiddetto junk food, qua e là, piuttosto che cucina etnica o a volte veramente stravagante. Sappiamo che per il suo lavoro Bond viaggia in tutto il mondo. Non ci fa quindi meraviglia che venga a mettere le gambe sotto il tavolo in ogni tipo di luogo e ristorante.

Dai libri di Ian Fleming e dai venticinque film della Eon Productions (Eon come Everything Or Nothing… lo sapevate?), apprendiamo che il nostro eroe è sicuramente una buona forchetta, ed è piuttosto schizzinoso (“Il Sakè deve essere servito alla temperatura ideale di 98,4 gradi Fahrenheit” pontifica in Si vive solo due volte)”.

Qual è il suo pasto preferito?

La colazione: uova, preferibilmente strapazzate, con bacon o salsicce. Ama l’inglesissima marmellata d’arancio che si trova da Fortnum & Mason e preferisce un tè di colore scuro, piuttosto forte. Di solito Lapsang Souchong. Non pensiate che le uova le mangi solo a colazione. L’agente meno segreto del mondo le apprezza anche come spuntino notturno, dopo essersi rotolato nel letto con la Bond Girl di turno. Come succede in Il Mondo non è Abbastanza con l’ineffabile Pierce Brosnan.

Qui la nostra eroina si chiama Christmas (Natale) Jones, un fisico nucleare, ed è interpretata da Denise Richards. Mai fisico fu più nucleare… non so se mi spiego. A fine film, dopo colazione e sesso, Bond capisce che Miss Jones apprezzerebbe un secondo giro di giostra. Quando lui la accontenta e lei sospira di soddisfazione, James non può trattenersi dal dire ‘Pensavo che Natale venisse solo una volta all’anno’.

Ma non divaghiamo. Dopo la colazione, viene il pranzo. Sappiamo che Mister Bond è un carnivoro convinto. Manzo, agnello e cacciagione, senza problemi. In Goldfinger scopriamo che gli piace il curry e in Dalla Russia con Amore lo vediamo mangiare un Doner Kebab. Sia a pranzo che a cena, sappiamo che gli piace la Grouse (gallo cedrone) arrosto con il Gin Rosa o lo Champagne, asparagi, salsa olandese – quella delle uova Benedict – bistecca e… patatine fritte. In altri casi, roastbeef con insalata di patate, senza rifiutare pesce e crostacei, a volte il granchio al curry, piuttosto che una tradizionale sogliola di Dover alla griglia.

 


Bond ha una cucina preferita?

“James preferisce quella inglese, quando è a casa, ma quando viaggia non ha problemi a consumare qualsiasi tipo di cibo, purché buono. In Francia adora la langouste (aragosta). E in Italia? Ma certo, le tagliatelle verdi. In America, un hamburger con le sopramenzionate patatine fritte e il granchio dell’Alaska con burro fuso. Mah…”.

A questo punto parlerei del bere, ma se cercate subito il famoso Martini agitato non mescolato, andate avanti nella lettura!
“Dunque, sappiamo che Bond sbevazza parecchio – prosegue Elmi -, ma mai l’abbiamo visto traballante durante una missione (a meno che non sia stato preventivamente drogato dal cattivo di turno). Preferisce il Martini, naturalmente, e lo champagne. Il tipo di champagne dipende – ahimè come spesso capita al cinema – dal cosiddetto product placement, ossia da quale azienda è disposta a sganciare grosse somme per far sì che l’agente più famoso del mondo tracanni il proprio nettare.

 

All’inizio Bond sembra apprezzate il Taittinger Blanc de Blancs, per poi saltare misteriosamente al Dom Perignon (no, non si tratta di un nobile spagnolo…) e finire in bellezza (?) con il Bollinger. A Bond il vino pare non piacere particolarmente, e si comporta davvero male, durante una cena offerta dal suo capo, l’incontestabile M, quando rifiuta sdegnosamente un Mouton-Rothschild Premiere Cru, ordinando un Tatittinger ’34 (‘un mio capriccio’, dice con noncuranza).

Il nostro non è avverso agli esperimenti, e in molti film lo vediamo provare vari drink, fra cui un cocktail Old Fashioned, fatto con Bourbon. Non beve mai Porto o Sherry, e non è un particolare fan della birra, però lo vediamo bere una Red Stripe in Jamaica e una Löwenbrau a Ginevra”.


Sì, ma il Martini agitato non mescolato?

Il Bond Martini

“Sì, arriviamo finalmente al cocktail da sempre associato con il nostro agente doppiozero. Il Martini (ni, ni, ni, ni come diceva la Vanoni). Qui si potrebbe dissertare per ore, perché la ricetta del ‘Bond Martini’ è custodita gelosamente da una serie infinita di baristi in una serie altrettanto infinita di locali. Per quanto vi posso dire, la ricetta più accreditata sembrerebbe essere 50 ml di vodka (James preferisce la Stolichnaya, ma voi siete liberi di scegliere), a seguire 10 ml di vermouth (il tradizionale Martini dry), mi raccomando agitate e non mescolate che se no vi licenziano con ignominia dal servizio segreto. Servite con tre olive verdi di piccole dimensioni NON snocciolate.

Attenzione però: in occasione dell’incoronazione di Daniel Craig (l’ultimo Bond a noi noto, da poco messo in pensione) sappiamo che all’inizio della carriera James Bond manifesta una preoccupante affinità per un Martini di diversa ricetta, chiamato Vesper dal nome della sua affascinante collega – e alla fine fidanzata che però poi finirà malissimo – Vesper Lynd (L’attrice era Eva Green… di tale bellezza e bravura, che dovrebbe essere proibito dalla legge).

Il Vesper, secondo il verbo fuoriuscito dalle labbra del nostro, si fa così: ‘Tre misure di Gordon’s Dry Gin, una misura di Vodka, mezza misura di Kina Lillet (vermouth dry francese della Pernod ormai non più in produzione). Agita bene, fino a quando è ghiacciato e poi aggiungi una scorza di limone. Tutto chiaro?’. Sì, tutto chiarissimo, ma c’è quasi da gridare al sacrilegio, perché il barista sospettosamente al corrente di cose che non dovrebbe sapere, guarda Bond con aria complice e chiede ‘Agitato o mescolato?’ e qui ci crolla il mondo perché immediatamente il nostro eroe risponde ‘Non me ne può fregare meno’.

Insomma, una delle battute più leggendarie di questo super-eroe senza super-poteri se n’è andata a ramengo. Forse un segno dei tempi, o forse un tentativo di svecchiare Bond e renderlo adatto al secondo millennio. La battuta viene da Casino Royale, che è la prima avventura dell’ultimo Bond, Daniel Craig. Direi, se devo dire, un film straordinario… e poche storie!”.

Uno stile di vita non particolarmente sano quello di 007!

“Attenzione, James Bond nei suoi venticinque film e nei suoi dodici romanzi (senza contare due raccolte di racconti e innumerevoli libri scritti dopo la morte di Fleming), affronta ogni tipo di nemico, da pazzi nazistoidi che vogliono ammazzare tutti quelli che non sono biondi, a biechi assassini con particolare passione per gli animali pericolosi: tarantole celate nel letto, coccodrilli tutt’altro che nascosti in palude e serpenti in vasche da bagno.

I nemici più pericolosi di Mr. Bond però – ragionando su tutto quanto abbiamo detto finora – sono sicuramente due: colesterolo e nicotina. Ricordatevi che Bond nasce negli anni Cinquanta, un periodo in cui si era convinti che fumare facesse bene. Aggiungo che Ian Fleming decise di iniettare nel personaggio di Bond alcune sue discutibili abitudini. L’ineffabile Fleming fumava settanta sigarette al giorno e beveva imbarazzanti quantità di alcool.

Per esempio, è capitato, durante la genesi di Thunderball, che fosse talmente sbronzo da perdere i sensi… e dimenticare del tutto le precedenti dodici ore della sua vita. Da qui nasce il contrasto con Kevin McClory e il disastro che porta Thunderball ad essere l’unico film di Bond ad essere girato sotto l’egida di un produttore diverso da Broccoli e Saltzman. Ma questa è un’altra storia. Il tutto era solo per ammonire severamente i lettori.

Bond sopravvive al colesterolo come sopravvive al Dottor No e a Le Chiffre (il cattivo che piange lacrime insanguinate) in Casino Royale. Bond è un personaggio, non una persona. Fleming, d’altra parte, decise di evitare una fine prematura a sessant’anni morendo anche più prematuramente, a cinquantasei”.

Qual è la tua classifica degli interpreti di 007?

“Tutti noi ne abbiamo una, ecco la mia: 1) Sean Connery e non si discute; 2) Daniel Craig e non si discute; 3) Mah… probabilmente Pierce Brosnan; 4) Roger Moore, perché era simpatico e aveva la faccia di bronzo; 5) Timothy Dalton… di Bond non aveva un castagnaccio, ma era un gran raccomandato (amico di famiglia dei Broccoli, produttori unici e proprietari del marchio James Bond); 6) George Lazenby. Un poveraccio incappato per sbaglio nella parte. Ma… a chi mai può essere venuto in mente che ’sto giuggiolone australiano potesse sostituire Sean Connery?”.

Vogliamo fare una classifica anche delle Bond Girls?

“Certamente, e non parlerei solo del fisico, ma soprattutto delle capacità recitative, a volte… ehm, diciamo non proprio scintillanti. Queste sono le mie prime due scelte. La prima è sicuramente Honey Ryder, alias Ursula Andress. Perché? Mah… probabilmente proprio perché e stata la prima. Ursula appare con un conchiglione in mano come Venere Anadiomene, sorgente dal mare infinito delle Bahamas, con un frammento di bikini bianchiccio, mentre canta i primi versi dell’immortale canzone Underneath the Mango Tree.

E da sotto l’albero del mango ecco spuntare l’implacabile Sean, che risponde con il secondo verso. Basta uno sguardo, e il gioco è fatto. Va detto che io sono anche un ammiratore dell’ex-marito della Andress, l’ormai defunto John Derek, fotografo e regista, primo marito di Ursula. Dopo il divorzio, sposerà in seconde nozze Linda Evans e in terze nozze Bo Derek. Probabilmente tre fra le donne più belle del mondo. È vero… dentro siamo tutti belli, ma… sapete, no?

La mia seconda scelta (seconda solo cronologicamente) è Vesper Lynd, la meravigliosa Eva Green, attrice a tutto tondo che ci presenta un personaggio femminile di incredibile bellezza, sì ma anche complesso e affascinante. Vesper compare nel treno che sta portando Bond verso il Montenegro dove il cattivo Le Chiffre lo aspetta e dove succederà di tutto, compreso un tentativo, misericordiosamente fallito, di evirare il nostro eroe nella scena forse più memorabile (e per gli uomini, disagevole) mai girata su un set di 007.

Per altro non è la prima volta che qualcuno attenta agli zebedei di Bond. Ricordate Goldfinger? Bond è legato ad un enorme lingottone d’oro, con le gambe divaricate e un raggio laser che si avvicina inesorabilmente ai suoi gioielli di famiglia. ‘Lei si aspetta che parli?’ chiede sprezzante Bond al cattivissimo Goldfinger che lo sta osservando lì nei pressi. ‘No, Mister Bond’. Risponde il malvagio. ‘Mi aspetto che muoia!’. Non vi dico cosa succede poi, perché tanto più o meno lo sapete”.

Tu che più che un esperto mi sembri un’enciclopedia vivente su James Bond, hai qualche curiosità da raccontarci?

“Certo, aggiungo volentieri, giusto per i gourmet non solo della tavola, ma anche del cinema, un paio di curiosità certamente note ma non notissime, nella speranza di intrattenere la vostra mente, oltre che le vostre papille”.

Le curiosità…Vai con la prima!

“Sapete chi è stato il primo attore in assoluto ad essere preso in considerazione come James Bond? Siamo nel 1961 e Albert ‘Cubby’ Broccoli e Harry Saltzman – i due ‘papà’ di Bond – sono a caccia di qualcuno che possa incarnare l’agente segreto. Cubby Broccoli di colpo si rende conto che il suo testimone di nozze, che è uno degli attori più famosi e fascinosi del mondo, sarebbe perfetto per la parte, anche se forse una decina d’anni troppo vecchio.

Prontamente, i due produttori interpellano l’attore, che però chiede un cachet da un milione di dollari (per il primo film di 007, chiamato Dr. No, il budget totale era di un milione, quindi troppo poco per potersi permettere attori dal prezzo stravagante). Per di più l’attore in questione rifiuta anche di firmare i contratti per altri film di Bond. Non desidera ripetersi, si sente già troppo vecchio e non ne vuole sapere di altri 007. Insomma, come direbbero a Roma, ‘nun se po’ fa’’.

Incapaci di convincerlo, i due mettono in pratica per fortuna nostra e di tutta l’umanità un ingegnoso piano B e si rivolgono ad un giovane attore scozzese pochissimo conosciuto, che la moglie di Broccoli ha appena scoperto, andando al cinema a vedere un film della Disney chiamato Darby O’ Gill and the little people. Il resto è leggenda. Per sapere chi era il primo attore, che rifiutò la parte, vi do due indizi: veniva dall’Inghilterra, ma fece fortuna in America; si chiamava Archibald Leach”.

Cary Grant! La seconda curiosità?

“Vi siete mai chiesti perché James Bond si chiama così? Qui stiamo parlando di tempi non sospetti, nei primi anni Cinquanta, quando Ian Fleming dopo essersi ritirato dalla Reale Marina (sezione spionaggio), disse a tutti i suoi amici di avere un’idea per un romanzo con protagonista un agente segreto. Ian si piazza nella sua tenuta in Giamaica, chiamata Goldeneye (yes, avete capito bene) e comincia a scrivere. Nel 1953 esce il primo di una dozzina di romanzi con protagonista l’Agente 007 – James Bond.

Il libro si chiama Casino Royale e Bond, James Bond, diventa parte del nostro immaginario collettivo… ma perché quel nome? Rewind ad un paio di anni prima. Ian ha iniziato a scrivere il romanzo, ed è ora di scegliere il nome del protagonista (il numero 007 l’ha già scelto). Ci vorrebbe un nome solido, corto, che si ricordi con facilità.

Ian sta guardando fuori dalla finestra verso il mare della Giamaica e il suo sguardo comincia a vagare verso la libreria nel suo studio, dove sono custoditi, fra gli altri, alcuni trattati sulle diverse specie di uccelli che si trovano nelle isole dei mari del Sud (Ian Fleming era un ornitologo dilettante). Di colpo lo sguardo gli si ferma su un libro particolare. Un libro sui volatili delle indie occidentali. Titolo: Birds of the West Indies. Autore… James Bond. Benvenuto, Mr. Bond!”.

Da “Vivi e lascia morire”

Da dove nasce la sua popolarità?

“Ovvero… enfin (come direbbe l’Inspecteur Clouseau) – riecheggia Elmi – perché ci piace tanto questo agente segreto? Il cinema trabocca di agenti, segreti e no. Libri e film sono pieni di individui vestiti di scuro che volteggiano sparacchiando in giro e ammazzando discutibili cattivi. Quel gran buzzurro di Xander Cage, per esempio. Oppure Ethan Hunt, Jason Bourne, Simon Templar, Nick Fury, Natasha Romanova, Jack Ryan… Austin Powers.

Perché proprio lui? Perché James Bond più degli altri? Posso solo rispondere con le mie personalissime dieci ragioni: 1) perché Bond manda affanculo il politicamente corretto, senza fare una piega; perché Sean Connery era una combinazione genetica mai vista, che non si vedrà mai più; perché una volta potevi chiamare la tua protagonista femminile Pussy Galore o Plenty O’Toole o Holly Goodhead (sta a voi andare a vedere le traduzioni!) senza che la gente si facesse prendere da esagerate crisi isteriche e lamentele sull’infranta dignità delle donne (peraltro stiamo parlando di film in cui anche gli uomini non certo uscivano a testa alta… a parte uno!).

Perché uomini e donne che andavano a vedere 007 potevano per un momento sognare di essere Bond, o di essere a letto con Bond o di viaggiare con Bond o di mangiare al suo ristorante preferito o di guidare la sua Aston Martin; perché per un breve momento la vita poteva essere meno grigia e quando uscivi dal cinema rimanevi per qualche ora in uno stato di piacevole eccitazione; perché quando Bond prende in braccio Ursula Andress o Lois Chiles o Daniela Bianchi o Barbara Bach o Monica Bellucci o Honor Blackman e le mette nel letto, a nessuno viene in mente di dire che è un violentatore (a parte al regista dell’ultimo Bond, Cary Fukunaga: a volte si può essere regista e allo stesso tempo imbecille e sicofante!).

Perché il primo Bond che ricordo (Vivi e lascia Morire) l’ho visto con mio padre; perché Bond – e me ne sbatto di quello che dicono alcuni – è un gran gallo; perché faccio il regista e il sogno in ogni cassetto di ogni regista (a cominciare da Steven Spielberg, che lo racconta da anni) è di dire ‘azione’ all’inizio di una scena dove qualcuno si accende una sigaretta, e dice ‘Bond, James Bond’; perché ormai, per quanto riguarda il cinema, sono un agghiacciante nostalgico e 007 ti costringe alla nostalgia (riuscite a pensare ad un altro film in cui un agente segreto si presenta con un papero finto cucito in testa?); perché nel 1977 avevo quindici anni, e dopo aver portato una mia amica di cui ero segretamente innamorato a vedere La spia che mi amava, davanti all’uscita del cinema l’ho baciata per la prima volta (certo… dopo quattro mesi lei mi ha mollato come una patata bollente, ma… chi non avrebbe nostalgia?)”.

Ma c’è qualcosa che non ti piace nell’universo James Bond?

“Sì, voglio chiudere con una breve invettiva, rivolta a Barbara Broccoli e Michael Wilson (i titolari di Eon Productions, nonché proprietari del marchio e del copyright James Bond). Come avete forse intuito, non amo la direzione che ha preso Bond negli ultimi anni. Non amo il politicamente corretto, la cosiddetta Woke culture o Cancel culture, amo ancora meno quel tipo di approccio che hanno oggi il cinema e la televisione americana, che ci raccontano che tutti gli uomini sono mezze seghe decerebrate, oppure ributtanti violentatori e tutte le donne sono vittime dolcissime o geniali super-eroine.

Detesto questo nuovo tipo di maccartismo al contrario, e tutta una serie di altre fregnacce che arrivano dalla ormai erroneamente chiamata fabbrica dei sogni. Nell’ultimo film di Bond Die Another Day, il nostro eroe si è trasformato in un partner coscienzioso che abbassa sempre l’asse del cesso, piange rivelando i propri sentimenti, ama di amore puro e casto la sua unica compagna e la sua (una volta che la scopre) dolcissima bambèn. Il nuovo James Bond è woke e politicamente corretto che di più non si può.

Insomma, come mi piace ribadire ad ogni piè sospinto, Bond è stato prima castrato e poi ammazzato. Non so cosa succederà nel prossimo film. Pare che il nuovo attore ancora non sia stato scelto. Ignoro come andremo a finire. Per un attimo era parso che Bond potesse diventare femmina, e di questi tempi non c’è da stupirsi. Non so più. Non voglio più sapere.

La cosa più triste? Bond, James Bond, che per me una volta era sinonimo di cool, di evasione, di intrattenimento incomparabile, è diventato subdolamente un nuovo Bond. Un Bond della pandemia e dell’acquiescenza, un Bond del piagnisteo e del sentimentalismo sciropposo, un Bond che non vede altre donne a parte una scialba vestale che dice banalità e si veste di merda, un Bond che non è più Bond, insomma. E allora, quando parlo del futuro di Bond, come del futuro di questo cinema stanco, mi viene da dire la stessa cosa che un leggendario agente segreto disse una volta ad un barista complice: ‘Non me ne può fregare meno’”.