Articolo di Roberta Capanni per la rubrica “I Piaceri d’Italia” – Alzi la mano chi conosce, non essendo della provincia di Modena, il Borlengo modenese! L’Italia è un paese meraviglioso fatto di “campanili” e di ricette che esprimono molto bene il territorio in cui nascono. Ci sono certe ricette che si assaggiano solo nel luogo in cui hanno avuto origine: una di queste è il borlengo modenese.

Una cialda friabile e davvero gustosa fatto con ingredienti semplici, una specie di crepe ma più sottile. Per dar vita al  Borlengo modenese ci vuole maestria ed è per questo che è l’orgoglio gastronomico di queste colline che lambiscono l’Appennino.

borlengo

borlengo

Gli ingredienti del borlengo modenese

Questa ricetta era ed è fatta con acqua, farina, sale e un uovo (se c’era). L’impasto molto liquido è detto “colla” e viene cotto su una piastra rotonda piuttosto grande. Per riempirlo si usa la “cunza” cioè riempimento  cioè lardo, aglio, rosmarino tutto tritato. Noi l’abbiamo assaggiata anche con una “spolverata” di parmigiano Reggiano DOP.

Alla fine il grande disco friabile quasi trasparente viene piegato in quattro e servito. Impossibile da mangiare con forchetta e coltello, il borlengo si mangia come tutti i “mangiari da strada” cioè lo street food di questa zona.

Soli con borlenghi

Soli con borlenghi

Come si fa il borlengo

Per fare un borlengo ci vuole maestria. Il borlengaio deve saperusare davvero bene la padella detta “sole” conoscere la giusta dose di imapsto da mettere, la giusta temperatura, il tempo di cottura. Inoltre, ogni padella per un solo disco di pasta e quindi ci svogliono tante padelle per accontentare tanti clienti.

Io  ho  visto un borlengaio all’opera ad una grande festa privata che si tiene ogni anno a Guglia a Casa Galassi e ne sono rimasta affascinata. Destreggiarsi tra tanti “soli” con le persone che si accalcano per ricevere il proprio e non “sbagliare un colpo” non credo sia facile.

cunza

cunza

La storia del borlengo

Parente stretto delle tigelle pare che sia nato da una burla, burláng in dialetto, fatta ai danni di una cuoca casalinga che aveva preparato l’impasto per le tigelle. Allontanata per qualche attimo dalla cucina al suo ritorno la donna trovò l’impasto molto liquido perché per scherzo qualcuno ci aveva aggiunto molta acqua. Comunque sia il suo nome deriva da burla e forse era un piatto usato durante il carnevale.

Ma siccome in cucina non si butta lei utilizzò lo stesso l’impasto dando vita al burlengo. Ovviamente questa è solo una delle tante storie che riguardano la nascita del borlengo. Storicamente si sa che questo piatto si trova nominato già nel XIII secolo a Guiglia, piccolo paese delle colline modenesi. A dar vita al borlengo pare che fosse la necessità: durante un assedio del castello per allungare le scorte di farina nacque questo impasto molto allungato.

guiglia

casa galassi e colline di Guiglia

GUIGLIA

Una parola va spesa per le colline modenesi. Perché qui nasce il borlengo (zona del borlengo) sicuramente da una cultura contadina, dall’idea di sfamare con gusto, di fare necessità virtù. Queste colline verdi, Guiglia è considerata il “balcone dell’Emilia”, fa parte dell’Unione Terre di Castelli. In dialetto frignanese si dice Guîa o Guéa e Guiglia è il capoluogo. Ci sono poi sette frazioni: Roccamalatina, Samone, Monteorsello, Castellino, Gainazzo, Pieve di Trebbio e Rocchetta. Intorno da vedere Vignola con il suo castello, Marano, Savignano e Zocca dove si trova il Museo Laboratorio del Borlengo.

Se ci spostiamo un po’ più in su,  nella meravigliosa zona dell’Alto appennino e nel Frignano, troviamo qualche variante alla ricetta. Qui troviamo un borlengo più alto detto ciaccio perché all’impasto viene aggiunta la patata.

Roberta Capanni

Vignola

Vignola

Si ringrazia la dottoressa e scrittrice Barbara Vallotti per aver fatto le foto mentre io mangiavo!