Articolo di i Enrico Zoi per la rubrica “A tavola con” – Appena tornata dal Festival di Cannes, dove ha rappresentato la testata Birdmen Magazine, catturiamo l’attenzione della critica cinematografica Sandra Innamorato. Lo scopo è di portarla nei territori della nostra rubrica A tavola con… e indurla a parlare del maestro giapponese Hayao Miyazaki, ormai ottantunenne regista, sceneggiatore, animatore, fumettista e produttore cinematografico, sicuramente l’esponente dell’animazione nipponica più conosciuto all’estero.

La-Città-Incantata-千と千尋の神隠し-Cibo-Ghibli

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A tavola con… Hayao Miyazaki chef delle immagini

“Non esistono opere di Miyazaki prive di epifanie gastronomiche – esordisce la Innamorato -. Da La Città Incantata (2001) a KikiConsegne a domicilio (1989), da Il mio vicino Totoro (1988) a Nausicaa della Valle del vento (1984). Ogni suo lungometraggio sembra racchiudere uno o più momenti dedicati al cibo carichi di significato.

Non si tratta mai, infatti, di sequenze puramente estetiche o di appendice, ma di veri e propri passaggi obbligati, scene trainanti per le favole visionarie del regista di Tokyo. In ogni suo racconto animato – dal banchetto fantasmatico a cui partecipano i genitori di Chihro agli hampan che Haku offre alla bambina, dallo sformato di zucca e aringhe che Kiki riceve in consegna alla colazione che Calcifer scalda per Howl – passare attraverso il cibo non è soltanto un rituale narrativo, un evento della storia (un fatto magico, oltretutto), ma un rituale pienamente cinematografico.

E questo vale a maggior ragione per un animatore che ha il potere di indirizzare i nostri sensi attraverso la qualità e lo stile dei suoi disegni: Miyazaki crea ex nihilo le sue pietanze, sceglie gli ingredienti grafici, stimola sapori e profumi totalmente immaginifici con abilità sinestetiche senza rivali. Insomma, Hayaho Miyazaki è a tutti gli effetti uno chef delle immagini, un mago della gastronomia e dell’animo umano, elementi protagonisti dei suoi film e inscindibilmente legati”.

Il potere del cibo in Hayaho Miyazaki

Ma, al di fuori e al di là del cinema, quanto di personale c’è in tutto ciò?

“Il potere che Miyazaki conferisce al cibo parte innanzi tutto da una sua passione. Ogni ricetta che compare sullo schermo è infatti ispirata ai piatti preferiti dello stesso regista, che personalmente sceglie di animarli per l’occasione. L’effetto drammatico che i piatti dei suoi film producono sullo spettatore è, così, strettamente legato ai disegni finemente dettagliati dell’autore, alla profondità di elaborazione grafica in 2D (dimensione fondamentale per l’estetica del regista e di tutto lo Studio Ghibli fino ad ora), che rende possibile un rapporto ipersensoriale con le immagini.

Ci sembra di poter toccare la morbidissima superficie del pane bao, di sentire la fragranza del bacon croccante nel tegame, o il calore del brodo della zuppa di Miso. Il cibo è un topos cinematografico-culturale fondamentale per tutto lo Studio di produzione giapponese, tanto da aver ispirato nel 2017 una mostra intitolata Delicious! Animated Memorable Meals che esplorava, per l’appunto, l’utilizzo visuale dei pasti per stimolare l’emotività dei personaggi e degli stessi spettatori coinvolti in questo continuo gesto di introiezione e metabolizzazione”.

Secondo te, è possibile trovare una simbologia del cibo di carattere generale nell’opera di Miyazaki?

“In tutti i film di Hayao Miyazaki non solo gli uomini, ma anche i luoghi e gli oggetti hanno una propria narrazione interiore: i castelli camminano, gli alberi dei boschi possiedono spiriti luminosi, gli animali comunicano con gli esseri umani. Tutte le favole di Miyazaki propongono un rapporto rivoluzionario tra uomo e natura: la narrazione violenta ai danni dell’ambiente naturale – operata dalla tecnologia bellica e iperproduttiva – viene ribaltata da una pacifica visione coabitativa dello spazio che ci circonda.

Tutti i protagonisti a cui il maestro dà vita impareranno a intuire la potenza insita nelle cose, nelle piante, nel raccolto, negli oggetti più banali del quotidiano, e attraverso lo stratagemma classico dell’inanimato che “prende vita”, una miscellanea insignificante diventerà causa degli eventi. Gli oggetti sono i nuovi protagonisti del racconto, coprotagonisti di coloro i quali se ne servono e che, con stupore, ne vengono indelebilmente modificati. Il cibo è l’esempio perfetto di una categoria di materiali simbolici per l’autore, vettori magici in grado di elevare le slice of life miyazakiane a veri e propri capolavori autoriali”.

La-Città-Incantata-千と千尋の神隠し-Cibo-Ghibli-5

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Qualche esempio?

“La funzione del cibo ne La Città Incantata. Il cibo rivela la “misura” dell’anima di chi si nutre modificando la ‘misura’ del corpo che lo ospita. C’è un rapporto costante nella produzione di Miyazaki tra interiorità e esteriorità, le qualità fisiche dei personaggi fanno da specchio a quelle del loro spirito, attivando un corto circuito artistico tra la dimensione materiale e spirituale della realtà.

Il cibo diventa allora indice magico del mutamento, un veicolo sì, appunto, magico, però allo stesso tempo concretissimo. Il cibo che i genitori di Chihiro ingurgitano come animali li trasformerà in maiali: la dismisura nel mangiare diventa dismisura nella forma e loro l’incarnazione dell’eccesso del proprio atteggiamento.

Un magico gioco di proporzioni che passa per la gola e che rivela nella forma un difetto di misura nell’anima. Ancora più esplicita è l’operazione adottata per Senza Volto (No Face), un ospite ignoto dell’impianto termale incapace di stringere legami con gli altri (offre denaro in cambio di affetto).

Più fagocita cibo per compensare un vuoto interiore, e più diventa deforme, indistinguibile, non-identificabile. Ecco, il cibo è un veicolo identitario per Miyazaki, il medium che rende in qualche modo possibile raggiungere la propria forma personale, attraverso avventure, sofferenze e scoperte. Il cibo è il passepartout per accedere allo spirito dei protagonisti e capire chi sono. L’occhio ormai adulto di Chihiro le permetterà di riconoscere i suoi genitori tra tutti i maiali ammassati nel recinto, così come ricorderà il vero nome di Aku perché ne riconoscerà lo spirito, e non solo l’aspetto”.

 

Sandra Innamorato

Sandra Innamorato

Chi è Sandra Innamorato

Sandra Innamorato è laureata in filosofia e poi in cinema e cultura visuale, dal 2015 è critica cinematografica per Birdmen Magazine, rivista cartacea e online di approfondimento cinematografico, seriale e teatrale, grande frequentatrice di festival di cinema italiani e internazionali, ricercatrice specializzata nel ruolo delle immagini nel contemporaneo, nonché presidente della Società di Dibattiti Pavese, un’associazione culturale che si occupa di promuovere il pensiero critico attraverso lo strumento del dibattito formale, e tutor di educazione audiovisiva per conto della Fondazione Teatro Fraschini e Cinema Politeama di Pavia, dove insegna cinema e media literacy alle scuole primarie della città.