Intervista a Elisabetta Villaggio: Mio padre Paolo? Non c’era niente che non gli piacesse”

Articolo di Enrico Zoi per la rubrica “Anniversari” –  30 dicembre 2022, novantesimo della nascita dell’indimenticabile Paolo Villaggio, che vede la luce a Genova in quel giorno del 1932. Grande attore e scrittore, l’artista ligure entrato giustamente nella sfera del mito, ma anche eccellente buongustaio, come ci racconta la figlia Elisabetta, che, com’è noto, ha ripercorso le orme cinematografiche dell’illustre padre e nel 2021 ha deciso di raccontare il padre nel libro ‘Fantozzi dietro le quinte. Oltre la maschera. La vita (vera) di Paolo Villaggio’. (Consigliamo di leggerlo QUI  kindle  QUI cartaceo)

“Era una persona curiosa – spiega – un goloso, un curioso del cibo. Nei viaggi all’estero, scovava sempre posticini tipici. Non frequentava necessariamente grandi ristoranti e amava anche il cibo di strada e quello multietnico. Adesso è pieno di ristoranti etnici, ma, quando a Roma aprì la moschea, andò immediatamente a mangiare al suo ristorante e, quando aprì il primo giapponese, pure lì andammo subito. Conosceva tutti i piatti della cucina giapponese e gli piaceva pure il cinema nipponico, in particolare Akira Kurosawa. In ogni posto amava assaggiare i piatti tipici, sia in Italia che all’estero, questo perché aveva un buon rapporto con il cibo. Essendo poi ligure, adorava la focaccia: con il formaggio, ma anche senza. Ricordo, inoltre, i pranzi da Spadin, vicino a Genova, un ristorantino aperto solo d’estate dove si arrivava via mare. Lì mangiava le alici fritte. C’era un posto a Genova dove facevano la trippa, che poi ha chiuso per le nuove regole europee, e lui ci andava spesso”.

foto concessa dall'intervistata

Paolo ed Elisabetta Villaggio – foto concessa dall’intervistata

Qual era la sua pietanza preferita?

“Amava molto la pizza (a Napoli ci siano fatti tutte le pizzerie tipiche, a Vico Equense la pizza a metro), ma anche la cucina nordica e quella piemontese. A Venezia andava in giro per i bacari, piccoli locali dove si beve qualcosa e si mangiano fantastichi cicchetti in piedi: i più antichi sono sotto il Ponte di Rialto, dalla parte opposta rispetto a San Marco. Lì vanno i veneziani. Ma credo che non ci fosse niente che non piacesse a mio padre: mangiava tutto e tanto. Non l’ho mai sentito dire ‘questa roba fa schifo’”.

Che cosa ti ha lasciato in eredità nel tuo rapporto con il cibo?

“Io non mangio come lui, sto attenta, però mi piace mangiare, anch’io assaggio sempre la cucina dei luoghi dove vado, assaggiando le cose tipiche. Al Ghetto, a Roma, lui prendeva porzioni di cervello, ecco quello io no, nemmeno il fegato, ma lui sì! Pure io però amo la focaccia genovese: se vado a Genova, la compro subito e me la porto a casa a Roma”.

E ora qualche citazione cinegastronomica!

Fantozzi (1975, Luciano Salce)

La prima scena è quella dell’increscioso incidente al ristorante giapponese Saionara (sic), dove il ragionier Ugo è riuscito a portare a cena la signorina Silvani (l’attrice romana Anna Mazzamauro), presentatasi all’appuntamento agghindata da geisha: tutti ricordano come, durante la serata, il malcapitato pechinese della Silvani, Pierugo, diventi… pietanza! L’intera scena è visionabile QUI:

La seconda citazione viene vede al centro una cena della contessina Alfonsina Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, a Courmayeur, nel corso della quale Fantozzi, ubriaco, cade nel pentolone della polenta. Mitica anche la sua giustificazione: “L’ho fatto così, per fare uno scherzo”. La potete rivedere QUI:

E poi c’è il veglione di Capodanno: i tortellini con la panna, la macedonia, il countdown della mezzanotte (più o meno!). Eccolo QUI:

Il secondo tragico Fantozzi (1976, Luciano Salce)

Per la prima citazione basta riportare le parole stesse dell’affamato ragioniere di fronte alla televisione prima dell’inizio della partita Inghilterra-Italia: “Fantozzi aveva un programma formidabile: calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato, rutto libero!”. Trovate la scena QUI:

La seconda citazione è quando Fantozzi e l’intero personale della Megaditta per cui lavora vengono invitati al varo della nuova turbonave aziendale. La madrina della manifestazione è la Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, interpretata dall’attrice piemontese Nietta Zocchi, la quale dopo avere provato invano a lanciare e rompere la tradizionale bottiglia di champagne sulla fiancata della nave, peraltro colpendo per ben due volte proprio Fantozzi, alla fine arriva addirittura ad amputare un dito a un arcivescovo con un’accetta.

Quella sera stessa tutti i dipendenti sono invitati a cena nella lussuosa villa della Contessa: Fantozzi e l’inseparabile ragionier Filini (l’attore napoletano Gigi Reder) hanno qualche problema con il cane della nobildonna, un temibilissimo alano che li obbliga a salire su un albero. Per farsi perdonare, la contessa invita i due al tavolo d’onore: ed è lì che Fantozzi trova il modo di farsi notare per la totale ignoranza del galateo, giungendo a ingoiare in un sol boccone un tordo intero e alcuni pomodorini roventi. Fantozzi poi scappa a bordo di una Maserati Ghibli, ma l’alano lo raggiunge e lo tiene asserragliato dentro la vettura per una settimana intera, che naturalmente gli verrà calcolata come settimana di ferie. Potete vedere il momento saliente della cena QUI:

Fantozzi contro tutti (1980, Neri Parenti e Paolo Villaggio)

Chi non ricorda la famosa scena delle polpette? In essa il ragionier Ugo, dopo avere promesso alla moglie Pina (l’attrice romana Milena Vukotic) di perdere almeno cinque chili sciando, si trova nella clinica del severissimo dietologo tedesco professor Birkermaier (l’attore, ma anche paroliere e cantautore, Silvano Spadaccino), il quale lo costringe ad assistere alla sua cena senza però permettergli di toccare cibo: ma la fame è più forte e Fantozzi agguanta di nascosto alcune delle note “polpette di Bavaria”… Impossibile rimanere seri! La potete rivedere, completa degli antefatti, QUI: