Fabriano città del bianco. Bianco per la carta, per il comparto degli elettrodomestici e per la neve che spesso cade d’inverno. Per gli appassionati gourmet questa bella cittadina dell’entroterra marchigiano è invece la patria di un salame unico.
Fabriano per molti è carta. Qui è nata la filigrana e qui si produce carta fatta a mano da almeno sette secoli. Chi non ha disegnato almeno una volta sugli album marchiati Fabriano?
Dire Fabriano e anche dire Merloni. Una famiglia che, dal capostipite in poi, ha segnato la storia d’Italia. Non solo perché Aristide era amico di Enrico Mattei che all’epoca era garzone in bottega nella vicina Matelica. A Fabriano, Ariston e Indesit, hanno segnato la storia industriale dell’Italia del boom.
Non c’è famiglia fabrianese che non abbia almeno uno dei suoi componenti con un trascorso nell’industria bianca. Oltre venti anni alla catena di montaggio delle lavatrici gli ha passati anche Fabrizio Barbarossa. Barba bianca da saggio e mani rude da uomo della terra.
Fabrizio accoglie l’ospite con sorriso vero e il contorno della sua grande famiglia nella sua azienda agricola.
Siamo in collina. Intorno solo verde. Boschi, pascoli e casolari sparsi spazzati da un venticello sempre presente che scende dall’appennino umbro-marchigiano.
Le lunghe giornate tutte uguali in fabbrica gli sono servite per poter tornare sulla sua collina con il gruzzoletto necessario a poter comprare le prime vacche e i primi suini. Un gruzzoletto necessario a realizzare il sogno di ragazzo di poter fare il lavoro del padre: l’allevatore.
Il sorriso di un sogno
E il suo sorriso è quello del sogno raggiunto. L’unico bianco che c’è nella sua vita oggi è quello delle vacche di razza marchigiana: bellissime e curatissime. Così come i suoi maiali.
Fabrizio è uno dei pochi custodi dell’antica tradizione dell’allevamento. É anche uno dei produttori di quel salame che ha fatto ingolosire Giuseppe Garibaldi.
Il salame di Fabriano
Il salame di Fabriano, presidio slow food (LEGGI) è uno dei grandi prodotti della norcineria italiana. Un insaccato con un origine antica che lega però il suo successo a due episodi avvenuti sul finire dell’ottocento. Il primo è del 1877 quando l’intellettuale Oreste Marcoaldi scrive che “il salame è una specialità fabrianese come di Bologna è la mortadella e di Modena lo zampone”.
Datata 1881 è invece la lettera con cui Giuseppe Garibaldi scrive all’amico fabrianese Benigno Bignonzetti. Lo fa per ringraziarlo di aver ricevuto in dono degli ottimi salami di Fabriano.
Le caratteristiche del salame di Fabriano
Prima regola essere ottenuto solo da carni provenienti da questo preciso territorio dell’Appennino umbro-marchigiano.
Seconda regola alimentarsi soprattutto con ghiande.
Terza regola utilizzare per la produzione soltanto la coscia e i lardelli dorso-lombari.
Quarta regola avere come ingredienti aggiuntivi solo sale, pepe e vino facoltativamente. Infine pezzatura fra i 200 e i 600 grammi.
In poche parole quello di Fabriano è decisamente un prodotto nobile e fortemente identitario. Presidio Slow Food e riunito in un consorzio di tutela partecipato dal comune al 100% in cui sono circa 25 soci fra allevatori, norcini, botteghe e agricoltori.
Il suo sapore particolare è dato dal microclina della Vallesina in cui avviene la stagionatura. Le sue carni sono pregiate, morbide, saporite ed equilibrate.
Salame di famiglia
Fabrizio ce lo porge su un tagliere in fette ordinatissime ed attende il giudizio. Lo guardi e sorride ancora. Col suo solito sorriso sincero. Lo stesso che hanno sul volto rugato dal tempo i suoi genitori. Lo stesso che hanno fra le lentiggini post adolescenziali i suoi figli.
Lo assaggi e comprendi ancora di più quei sorrisi. Capisci perché le mercuriali della Camera di Commercio del XVII e XVIII secolo gli attribuivano un valore superiore a quello del prosciutto. Capisci perché Fabriano oggi si è scordata il prestigio del bianco.