Immaginate di non essere nel vostro paese. Immaginate di essere incappati in una bufera di neve in pieno giugno tale da non poter accedere ad un passo sulla Sierra Nevada. Immaginate di dover guidare per circa 700 km su strade che un tempo erano segnate in blu sulle cartine stradali americane. Strade dove per chilometri si può anche non incontrare anima viva. Immaginate che stia calando la sera. Ora immaginate di inoltrarvi in una foresta senza l’ausilio della luna e di scoprire che la vostra sistemazione non c’è più. Per finire, immaginate, la notte passata in una baracca di legno. Insetti, umidità nell’aria e un rumore di sottofondo, incessante. Un generatore? Mah!

Risultato
Sonno altalenante, incavolatura al massimo e il risveglio in un’alba che filtra da sotto le assi della porta. Cosa sperate? Che la luce inviti le migliaia di animaletti, che potrebbero aver condiviso la baracca con voi, ad uscire. Fa quasi freddo ed è sicuramente umido e quel rumore incessante non smette. Allora prendete coraggio, infilate le scarpe. Anzi, prima le rovesciate alla ricerca di qualche sgradito ospite. Poi date un’occhiata al bagno, indossate jeans e felpa e aprite la porta e…
Vi accorgete di essere in paradiso!

Un piccolo scoiattolo, di quelli tipo cip e ciop, per niente impaurito si gira verso di me, poi continua a gustarsi la sua colazione. Lentamente alzo gli occhi e “vedo quel rumore”. Ecco che lo Yosemite National Park mi mostra il paradiso all’improvviso.

Un’enorme cascata, così vicina che quasi mi pare di sentirne gli spruzzi.
Del mio meraviglioso viaggio negli Stati Uniti la tappa allo Yosemite Park, è stata una delle più emozionanti e confesso che poi non ho cercato un’altra sistemazione perché quella “baracca” era perfetta per il luogo. Luogo dove si mangiava in una grande mensa insieme a tanta gente che poi spariva nella vastità della foresta, luogo dove vivono le sequoie più alte del mondo.

Mi piaceva tutto a quel punto: l’acqua non proprio caldissima della doccia, i muffin enormi, i biscottoni, i pancake con lo sciroppo d’acero e ogni piatto cucinato da quell’unico enorme self-service a vetri che si confondeva con il bosco.

Gli Stati Uniti continuavano ad affascinarmi, a rapirmi, prima con quel cielo immenso come visto da dietro la lente di un grandangolo, ora con queste cascate immense, potenti, selvagge. A qualcuno viene il mal d’Africa ma io sono stata contagiata dall’America: febbre da Arizona, Nevada e California e inizio a comprendere (anche se non approvo) perché gli europei si son dati tanto da fare per far loro questa terra. Yosemite National Park: il paradiso all’improvviso ti pare di toccarlo con respirarlo!
Così ogni anno, quando vedo gli incendi furiosi che divampano in questo paradiso, sto con il fiato sospeso e mi auguro che la natura sappia proteggersi da sola dagli imbecilli.
Roberta Capanni

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