Sul miele della famiglia vegetale il nostro Miel Magister Maurizio Melani ci dedica un’altra interessante lezione.Non c’è solo il pregiato miele di corbezzolo sardo nella terza famiglia nettarina che andiamo a scoprire
Se ben vi ricordate, abbiamo a suo tempo parlato delle “sette sorelle” del miele. Ecco che, dopo la fruttata e la floreale, cercherò di farvi conoscere meglio la cosiddetta vegetale. Questa , dal punto di vista organolettico, offre flagranze che vanno dall’erba appena tagliata al fieno, dal thè verde ai funghi freschi. Tenete infatti sempre bene a mente che un miele è come un buon vino: non ne esiste una sola qualità, ma tanti prodotti diversi e con diversi aromi e abbinamenti.
Quattro nettari per il miele della famiglia vegetale
I quattro nettari principali che danno lustro a questa famiglia sono qualitativamente eterogenei. Troviamo due tra i principali mieli “deboli” (sulla e rododendro), pertanto utilizzati in cucina solo come sostitutivi dello zucchero, un miele intermedio (erba medica) e uno dei più costosi (tre, quattro volte la media) e pregiati in assoluto: l’amarissimo corbezzolo. Proprio da quest’ultimo iniziamo il nostro percorso di conoscenza generale e di food&honey.
Miele di corbezzolo –
La pianta di corbezzolo, tipica della macchia mediterranea, può presentarsi sotto forma di cespuglio o albero (fino a otto metri. Ha foglie sempre verdi, fiori bianco-giallastri e frutti rossi utilizzati nella preparazione di liquori, marmellate o, più raramente, commercializzati per il consumo fresco.
Una produzione significativa di miele unifloreale si ottiene in alcune zone della Maremma ma soprattutto in Sardegna, dove rappresenta un vero e proprio vanto. Dal punto di vista “curativo”, il miele di corbezzolo viene usato come potente antinfluenzale e contro l’asma bronchiale. Compatibilmente con il prezzo di vendita, vi suggerisco quindi almeno un cucchiaino da caffè ogni mattina nei mesi più freddi.
Deliziosamente amaro
Caratterizzato da uno spiccato sapore amaro che ne costituisce proprio la sua peculiarità, in cucina è consigliabile gustarlo nel modo più “solitario” possibile. Buono spalmato su una fetta di pane fresco o tostato o su altri alimenti neutri che non ne alterino o nascondino il sapore. Nell’enogastronomia regionale viene usato nella preparazione delle seadas o come accompagnamento di un buon pecorino tipico anche se – come suggerito poc’anzi – non particolarmente saporito e stagionato. I cultori del caffè nero e senza zucchero troveranno stiloso scioglierne una punta ogni tanto all’interno della tazzina.
Miele di Rododendro
Il rododendro è una pianta tipica del nord Italia e in particolare dell’arco alpino, tanto che il suo nettare, insieme al tarassaco e al lampone, rappresenta una peculiarità altoatesina. Visto che il rododendro vive in boschi o in alta montagna, per produrre il miele gli apicoltori si avvalgono di tecniche di nomadismo: trasferimento delle arnie dalla loro fattoria alle zone di fioritura. Dal punto di vista delle cure autodafè, il nettare pare avere funzione positiva sull’artrite mentre in cucina, a parte far concorrenza all’acacia per il suo colore chiarissimo e quasi trasparente, non ha funzioni o utilizzi particolari. Il miele di rododendro della Valtellina è unico.
Miele di sulla
Debole, scarsamente aromatico e di colore molto chiaro è anche il miele di sulla, pianta tipica del centro-sud con produzione nettarina significativa in Sicilia e Calabria.
miele di erba medica
è invece prodotto prevalentemente nella pianura padana. Poiché la pianta non introietta entusiasmo particolare nel consumatore – anzi è da alcuni considerata solo il dessert di conigli e di altri animali da allevamento – il relativo nettare è spesso commercializzato con la denominazione generica di “miele di leguminose” (sulla, trifoglio, lupinella). In cucina non si presta a utilizzi particolari, nonostante un profumo e un aroma più marcato dei due colleghi precedenti. Molti erboristi lo considerano molto utile per liberare le vie respiratorie.
Maurizio Melani