Articolo di Enrico Zoi  per Viaggiare – Settimo giorno. New York E così, dopo il Midwest , dopo  l’immensa Chicago, siamo a New York. Gli occhi pieni di cinema. Il cuore colmo di emozioni. La mente alla ricerca di lampi, suoni, rapide progressioni. La volontà pronta ad ogni musica. L’anima tendenzialmente arzilla.

Sull’autobus che, appena usciti dall’aeroporto, ci conduce alla zona del nostro alloggio nella Grande Mela incontriamo una simpatica ragazza bionda con una barboncina che ci dà una serie di consigli gastronomici dei quali faremo tesoro nella nostra breve vacanza. Un angelo vestito da passeggero: non ne ha sbagliata una che è una!

Arrivo a New York

Arrivo a New York

La prima cena newyorkese è al Sapoara_NYCHarlem , locale trovato per semplice vicinanza ai nostri letti, che propone un mix di Portorico e tradizione statunitense. In primo piano, hamburger di bisonte, poi sangria e un assaggio di un vattelapesca cake. Nel complesso tutto, abbastanza buono (ma troveremo di meglio).

Al tavolo accanto c’è un trio di due ragazze e un ragazzo che non si zittiscono mai e sembrano usciti da un film di Spike Lee. Ma veramente! Siamo a Spanish Harlem e alloggiamo nel pittoresco airbnb per artisti Hart, al quinto piano, senza ascensore, con l’ingresso fra una taqueria messicana (la Santa Fé, ne riparleremo) e una rinomata fumeria di sigari dominicani con produzione in proprio, la Raices Dominicanas Cigars.

Times Square di giorno 1

Times Square di giorno 1

Times Square di notte 2

Times Square di notte 2

Ottavo giorno. Proprio come in un film

So di non dire cose nuove per New York e in generale (chi lo fa realmente?), ma Times Square mi appare subito come la fonte ispiratrice di Blade Runner. Di lì a poco l’Empire State Building… Vi ricordate il primo King Kong, quello del 1933 sintesi e simbolo della crisi del 1929? Poco prima il Bubba Gump di Forrest Gump. Poi le crepe.

Tiffany di Colazione da Tiffany si è spostato di qualche decina di metri (con buona pace della filologia cinematografica!). E soprattutto le tante persone per la strada che stanno tutt’altro che bene: emarginati, solitari, tristezze naviganti oltre le vetrine e gli scintillii, insomma un documentario alla Ken Loach (lo so che è inglese) duro da digerire.

Campbell Moma

Campbell Moma

Una mano – egoisticamente parlando – la dà lo splendore del Moma , con le sue opere d’arte. Su tutte – come patrimonio della mia adolescenza – la panoramica delle Campbell’s Soup di Andy Warhol. Che poi ritroverò – quelle vere – nel supermercato accanto all’airbnb.

Ma andiamo per ordine. Non si è parlato del pranzo, per il quale abbiamo speso il primo consiglio della ragazza bionda dell’autobus e siamo andati a gustare un ottimo trancio di pizza ai carciofi all’Artichoke Basille’s Pizza  nella zona di Times Square. Naturalmente l’anziano avventore fiorentino l’ha speperoncinato di rosso!

E per la cena? Il Messico della già menzionata Taqueria Santa Fé , il ristorante accanto al nostro airbnb. La sangria è buona e si coordina bene con i nachos (e annesse salse piccanti) e con i tacos. Anch’essi very spicy! Un assaggio di margarita chiude le danze. Fortissimo il cuoco/cameriere locale.

World Trade Center

World Trade Center

Nono giorno. Giornata da turista

Una giornata da turista. Puro e semplice. Perché, ieri che hai fatto? Qualcuno se lo chiederà e avrà ragione. È che oggi mi sono sentito ancora un po’ più turista. Il giro odierno, molto classico, comincia con l’attraversamento del ponte di Brooklyn. E lì uno della generazione 1959 non può che tornare agli arcaici stick della gomma del ponte, il chewing-gum dell’infanzia e adolescenza.

Poi, l’omaggio struggente al World Trade Center, a quasi 22 anni da quell’11 settembre che ci rese tutti increduli e agghiacciati. Da lì è un soffio arrivare a Wall Street, al suo Charging Bull e alla Fearless Girl. Breve sosta di cucina cinese al Bao Bao Cafè , quindi il doppio passaggio acquatico davanti alla Statua della Libertà, che, se non è bella, è certo assai iconica e ce la portiamo dentro nel nostro immaginario da quando siamo nati. Tappa poi all’imponente Grand Central Station, per rientrare infine nella zona: Spanish Harlem, verso il Bronx. Turista downtown e uptown. E un altro giorno è andato…

La sera al Patsy’s Pizza , locale sempre consigliato dalla ragazza bionda dell’autobus e frequentato pure da Spike Lee, produce buoni effetti. Speciali come la pizza che fanno qui, recensita – scopriamo – anche da Vogue. La seconda portata è la Napoletana. Seria preoccupazione per l’acciuga che potrebbe condizionare le ore successive. Adda passà ‘a nuttata!

Strawberry Fields Lennon

Strawberry Fields Lennon

Decimo giorno. John Lennon.

Aspettavo da tempo di incontrare lo spirito di John Lennon. Strawberry Fields e Dakota Building, dentro e fuori Central Park , me lo concedono. Di fronte al cerchio, per me sacro, che custodisce Imagine rimarrei ore: assorto, emozionato, catturato dalla sua magica Twilight Zone. Al cospetto, poi, del portone dal quale Lennon uscì per l’ultima volta più di 40 anni fa, non riesco a parlare.

Ci sono buchi nel mezzo delle cose“, scrive Stephen King in uno dei suoi racconti più belli, ‘La scorciatoia della signora Todd’. Ecco, tra Strawberry Fields e Dakota Building, mi introduco in molti di questi buchi, di questi passaggi, oltre il tempo, oltre lo spazio, oltre il pensiero, e, senza scorciatoie, navigo all’interno di ciò che Lennon sentiva: pace, libertà, giustizia, amore. E dove attracco? Nel mio cuore, semplicemente. Grazie ora e per sempre, John.

Grattacieli da Central Park

Grattacieli da Central Park

Poi passiamo davanti al Plaza Hotel che guarda a Central Park e scorrono in mente le immagini di film quali Io e Annie, A piedi nudi nel parco, Il re di New York, Appartamento al Plaza, American Hustle, Ocean’s Eight, Crocodile Dundee... Insomma, impossibile citarli tutti…

Pranzo al Liberty Bagels Midtown, ovviamente a base dei tipici bagels, le ciambelle originarie dell’Europa dell’est, diffusesi nel Lower East Side di New York City all’inizio del diciottesimo secolo, allorché centinaia di ebrei polacchi arrivano ogni giorno sulla la costa atlantica degli Stati Uniti.

Come incorniciare la nostra breve incursione in questa New York che mia moglie Raffaella, pensando in primis a Times Square, ha correttamente definito ‘il paese dei balocchi’? Ma con una cena a base di gamberetti al Bubba Gump , paradiso terrestre di Forrest Gump: Tom Hanks in tutte le salse, insomma! Le pietanze? ‘I’m stuffed! Shrimp’ e Mac&Cheese. Con accompagnamento di un cocktail a base di fragola. Di fuori la policroma e abbagliante luccicanza dell’industria dell’intrattenimento, la vita come show, l’apparire che nasconde l’essere. In altre parole: Times Square. Buona notte, New York…

bubba gump I m stuffed Shrimp e Mac&Cheese

bubba gump I m stuffed Shrimp e Mac&Cheese

Undicesimo giorno. Il saluto alla metropoli.

Raccattate, come si dice, tutte le nostre carabattole, nel tragitto verso il Newark Liberty International Airport, utilizziamo a pranzo il terzo consiglio gastronomico dell’anonima ragazza bionda. E così… pescigatto a Harlem! Sembra il titolo di un cartone animato di Popeye o, se preferite, Braccio di Ferro. E invece è la specialità di un bel ristorante di New York. Versante Harlem, si diceva.

È l’ottimo Panfried Catfish del Red Rooster , degnissima conclusione gastronomica del nostro minitour nella Grande Mela. Bye bye, New York…

Dodicesimo giorno. Zoo e hamburger di bisonte.

Dopo una giornata trascorsa al Lincoln Park Zoo , ci riproviamo con l’hamburger di bisonte. E devo dare ragione a Irene, che mi aveva avvertito: quello mangiato al ristorante portoricano di Harlem era buono, ma non troppo. Il Four Pepper Burger (10oz beef patty, jalapeno bacon, ghost pepper jack, habanero dusted fied onions, chipotle aioli) gustato su suo consiglio al The Burger Local di Geneva è di un altro pianeta. A partire dalla carne. E brava Irene!

Tredicesimo giorno. Il cerchio si chiude.

La Deep Dish di Naperville ha dato il via alle nostre danze statunitensi e il cerchio si chiude là dov’è iniziato. La forza del peperoncino, aggiunto come sempre in abbondanza, stempera la malinconia che ci catturerà al momento dell’ormai imminente partenza. Il buon gelato della Jeni’s Splendid Ice Creams ai gusti di burro di arachidi e cioccolata e caramello salato addolcisce ulteriormente l’emozione.

Fermilab

Fermilab

Quattordicesimo giorno. Last Stop Fermilab.

Visitiamo finalmente il Fermilab , il mitico e per noi fantascientifico luogo di lavoro di Irene, un piccolo viaggio – sentendoci un po’ come gli Argonauti del cinematografico Fantastic Voyage di Richard Fleischer del 1966 – nella fisica delle particelle, nella tecnologia, negli acceleratori e negli esperimenti. Scienza e ricerca che convivono all’interno di un ambiente naturale di praterie e bisonti: un abbinamento che mi ricorda l’uso della musica nei film di Stanley Kubrick. E chi mi conosce sa che questo è un enorme complimento…

Veloce pasto thailandese al Montri Thai Restaurant di Warrenville e, in serata, volo da Chicago a Firenze via Monaco di Baviera.

Addosso la netta sensazione – quasi una sicurezza – di avere vissuto per due settimane all’interno delle centinaia di film americani insieme ai quali siamo cresciuti. Rock’n’roll will never die.