Come ogni anno di questi tempi tanto si dice e si discute intorno all’olio extra vergine d’oliva, brevemente oggi detto solo olio Evo.
Sarà un’annata difficile per le fioriture bagnate dalla pioggia di maggio e poi bruciate dal sole di giugno che hanno portato a una scarsa produzione e per l’estate prolungatasi fino all’autunno.
Olio extra vergine d’oliva. Prezzi
Ora più che mai è il momento di farsi alcune domande fondamentali che possono orientarci allo scaffale. Qual’è il prezzo giusto dell’olio extra vergine d’oliva?
Il “listino Italia” è vario ma possiamo dire ad esempio, che in Toscana il costo al chilo in frantoio oscilla fra i 12 e 15 euro. Nella grande distribuzione si trovano extravergini a 7/8 euro e si scende a 3 per oli della comunità europea.
Mettiamo alcuni punti fermi per aiutare il consumatore.
7/8 euro sono la soglia minima d’acquisto di extra vergine d’oliva al 100% italiano. Ma la grande sfida è riuscire a informare per districarsi fra leggi, leggine e leggette fatte per confondere.
L’olio extra vergine d’oliva italiano che fa bene alla salute (LEGGI) non può costare meno di 4 euro al litro. Il prezzo minimo al frantoio Italia è di 10/12 euro al litro. A questo c’è da aggiungere: trasporto, manodopera, manutenzione degli impianti, imbottigliamento, etichettatura, trattamenti, irrigazione e qualcosa in più se si è davanti a una produzione biologica. Per essere ancora più chiari solo la bottiglia, l’etichetta e il tappo antirabbocco costano più di un euro al produttore.
Olio extra vergine d’oliva. La prova d’assaggio in tre regole
1 – Dove assaggiarlo – Niente pane e crackers d’accompagnamento: l’evo va degustato a pieno, in purezza, in un bicchierino da caffè va più che bene.
2 – L’olfatto – Coprire il bicchierino con una mano e fare roteare il bicchierino per riscaldarsi dato che la temperatura in cui l’olio esprime al massimo i suoi aromi è intorno ai 27°.
Mettete ora il naso nel bicchiere. Profumi di erba fresca, carciofo, pomodoro e la sua foglia (con variazioni a seconda del cultivar) e mandorla sono indice di un buon prodotto. Odore di rancido, aceto o acetone è invece indice di scarsa qualità.
3 – Il gusto – Per assaggiare l’olio si ricorre al metodo detto “strippaggio”. Consiste nell’inspirare aria all’interno della bocca tenendo i denti stretti per creare una sorta di vaporizzazione e poi si fa passare fra i denti anche una piccola quantità di olio. A questo punto, avendo con questa operazione compensato il maggior peso dell’olio rispetto alla saliva, possiamo sentire soprattutto l’amaro e il piccante che caratterizzano un buon extravergine.
La guerra del tappo antirabbocco
Il suo uso è obbligo per legge da oltre quattro anni ma il tappo antirabbocco non sfonda ed è fuorilegge in un ristorante su quattro!
La legge n.161 del 30 ottobre 2014 che prevede l’obbligatorietà di questo dispositivo e (teoricamente) sanzioni pesanti e confisca del prodotto ai trasgressori pare essere ignorata da controllati e controllori.
Il tappo antirabbocco è pericoloso?
I dati Ixe, presentati da Coldiretti sono incredibili. Ancora più incredibile è come venga sistematicamente violata una norma che dovrebbe tutelare non soli produttori e consumatori dalle frodi ma tutto il sistema economico alimentare Made in Italy.
Nei pubblici esercizi, esclusi gli usi di cucina e di preparazione, le bottiglie di extravergine devono avere precise caratteristiche. Devono essere presentate in contenitori etichettati a norma di legge, forniti di idoneo dispositivo di chiusura affinché il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia alterata. Provviste di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l’esaurimento del contenuto originale indicato in etichetta.
Insomma occhio al ristorante specie se la bottiglia è unta, l’etichetta consunta e talvolta illeggibile o addirittura mancante.
Eppure, paradossalmente, il partito dei furbetti sta provando a metterlo “fuorilegge” millantandone un pericolo per la salute… La pallina che è al suo interno – affermano i detrattori – si può staccare e finire nel piatto dell’ignaro consumatore ma la realtà a detta degli esperti la pallina si può staccare solo se il tappo viene manomesso!
Come riconoscere l’olio extra vergine d’oliva
La classificazione commerciale degli oli è regolata dal Reg.CEE 2568/91 e successive modificazioni e integrazioni che prevede accertamenti analitici e sensoriali per determinare qualità e genuinità.
Extravergine d’oliva – olio di oliva di categoria superiore ottenuto dalle olive e unicamente con spremitura meccanica che non causa alterazioni all’olio e che non ha subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifuga e dalla filtrazione.
Il livello di acidità libera deve essere inferiore a 0,8 grammi per 100 grammi e il prodotto esente da difetti organolettici.
Vergine d’oliva – olio di oliva ottenuto unicamente dalla prima spremitura delle olive. Per legge può possedere difetti percettibili e avere un’acidità libera compresa fra 0,9 grammi e 2 grammi per 100 grammi.
Olio di oliva – miscela di oli raffinati e oli di oliva vergini con un tasso acidità libera inferiore a 1 grammo per 100 grammi.
Olio di oliva vergine lampante – si ottiene con spremitura meccanica ma ha difetti organolettici, un’elevata acidità libera e non è commestibile. L’indice di acidità supera i 2 grammi per 100 grammi.
Olio di oliva rettificato – è un prodotto dalla raffinazione dell’olio lampante. Non ha sapore e non ha profumo. Non è commestibile.
Olio di sansa di oliva – si ottiene aggiungendo una certa quantità di olio extravergine all’olio di sansa grezzo. E’ commestibile.
Olio di sansa grezzo – Si ottiene con i residui della spremitura e viene estratto grazie a solventi chimici. Non è commestibile.
Olio extra vergine d’oliva e ambiente
Sansa di olive, nocciolino e acque di vegetazione da rifiuti di produzione costosi da smaltire a preziose risorse energetiche e ambientali di economia circolare.
Attorno a questi prodotti di scarto del frantoio si è più volte tentato di dare un futuro e quasi sempre con risultati fallimentari.
Esemplare la storia della sansa umida da cui si creava un sottoprodotto, l’olio di sansa. Inferiore come qualità all’extra vergine ma buono per l’uso alimentare ed economico al punto da diventarne il suo maggior competitor! Una genialata costata cara.
Diverso il discorso per le acque di vegetazione usata per anni per l’irrigazione dei terreni. Si pensava facessero bene, fossero una sorta di fertilizzante naturale salvo poi scoprire che invece sono fitotossiche, inquinanti per la falda acquifera e potenzialmente pericolose per la salute umana.
Oggi, se non si crea un economia la sansa di olive, il nocciolino e le acque di vegetazione finiscono in discarica con costi altissimi.
Nuova energia dai rifiuti dell’olio
Sebbene i volumi dei rifiuti prodotti dal frantoio dipendano da molti fattori (varietà delle olive, grado di maturazione, etc.) in termini generali per ogni 100 Kg di olive vengono prodotti 100-120 Kg di rifiuti umidi. La produzione media giornaliera di un frantoio varia tra 15 e 30 tonnellate di rifiuti.
Le nuove tecnologie di riciclo ai fini energetici messe a punto negli ultimi anni permettono grandi risultati; ridurre i rifiuti e produrre molta energia.
Il futuro è già presente dato che il primo impianto completo di questo genere è stato costruito, non a caso, in Spagna, primo paese mondiale per la produzione di olio extra vergine d’oliva. Il record è della cooperativa San Isidoro de Loja in Andalucia dove già si produce biogas dai rifiuti.
La speranza è che quello spagnolo non sia solo un esempio, ma sia il primo passo verso il
biogas da scarti di frantoio per tutti, a costi contenuti e senza regolamenti rompicapo.