La mia storia con Fermo, è una storia a tappe. Ci arrivo una prima volta, con una fuga dalle caratteristiche adolescenziali (peccati di gioventù!). Ci torno vent’anni dopo da professionista per tenere dei corsi di formazione. Infine scelgo di trascorrere lì le successive vacanze estive, conquistato dall’arte, dalla buona cucina e dall’ospitalità dei suoi abitanti. È così che dovrebbe sempre essere: si assaggia, si apprezza e poi si gusta viaggiando…
…e si imparano (o si inventano, chissà?) le tre ‘regole’ per amare Fermo, ben sapendo che ad ognuna di esse corrisponde almeno un’eccezione che la confermerà.
Amare Fermo
La prima regola è amare l’arte. Giungere al centro storico di Fermo è calarsi, pur ascendendo per vie e viuzze in salita (Fermo è edificata sul Monte Sàbulo), nel cuore di una tradizione millenaria.Siamo alle sorgenti di una città che trae benessere dalla sua posizione tra il bel mare marchigiano e le colline che preludono ai Sibillini. Città che sprizza cultura fin da quando, ben prima dell’anno 1000, il francese Lotario I, re d’Italia dall’822 all’850, vi istituì uno Studio per permettere agli studenti dell’Italia centrale di riunirsi in un luogo appropriato per la loro formazione.
Il visitatore di oggi (chi non c’è ancora stato si sbrighi) può ammirare l’avvolgente scenografia della quattrocentesca Piazza del Popolo. Qui musei custoditi nel Palazzo dei Priori, ovvero la Pinacoteca Civica e la sezione picena del Museo Archeologico. Accanto, il Palazzo degli Studi, con la sua Biblioteca Comunale e la spettacolare Sala del Mappamondo dai sedicimila volumi! Lettori e bibliofili possono perdere la testa in questo luogo magico!
Arte, arte, arte
Basta poi immettersi in Via degli Aceti, accessibile dalla piazza, per entrare nelle viscere fermane con le imperdibili Cisterne Romane. Uno stupendo complesso architettonico di trenta sale collegate l’una con l’altra. Le dimensioni del viaggio nel tempo e degli echi cinematografici (si pensa subito al Fellini Satyricon) si intrecciano in un incanto di raro fascino: come se il ricordo si fondesse in un hic et nunc dove tutto è possibile.
E poi il Piazzale del Girifalco con il Museo Diocesano e, soprattutto, la Cattedrale dalla bellissima facciata gotica. Ancora: il settecentesco Teatro Comunale dell’Aquila (nel quale mi trovai coinvolto in un curioso incontro con Michele Mirabella!) e la Villa Vitali, poco fuori le mura, custode degli interessanti Musei Scientifici cittadini.
La seconda regola
La seconda ‘regola’ è lasciarsi andare all’ospitalità degli abitanti di Fermo, in questo figli purissimi della tradizione e dell’indole marchigiane. Non fai in tempo a entrare in città che già sei nelle loro grazie e puoi apprezzare la forza della loro gentilezza, che ti conquista. Quando ero a Fermo in veste di ‘formatore’, la sera prima della partenza i miei ‘studenti’ organizzarono per me una simpaticissima cena in un locale del centro storico. Quasi quasi sarei rimasto! Infatti, tornai dopo pochi mesi con la famiglia!
La terza regola
La terza ‘regola’ è assaggiare le molte specialità locali, cosa che naturalmente non ho mancato di fare in nessuna delle tre visite (se no che viaggi sarebbero stati?). La cucina locale fermana offre piatti spesso e volentieri a base di erbe spontanee, Ecco la zuppa di erbe e cereali, le tagliatelle di ortica o i fiori di acacia fritti. Se vogliamo andare sugli antipasti, possiamo gustare formaggi, salumi e insaccati, quali il ciauscolo, i fegatelli, la lonza o le ottime salsicce. Siamo in Italia, la terra dei primi, quindi a Fermo diamoci ai maccheroncini di Campofilone o ai celeberrimi vincisgrassi, una specie di lasagne marchigiane.
La costa propone ovviamente alcune ricette di pesce: il brodetto, le grigliate e la rinomata rana pescatrice al forno. Una pietanza che accomuna Fermo all’intera regione sono le olive all’Ascolana, frequentemente accoppiate ai cremini, piccoli cubetti di crema pasticcera fritti.
Una delizia, come squisite sono le pizze dolci o al formaggio. Per il dessert, andrei sulla cicerchiata, sulle frittelle e sulla tipica ricetta del Carnevale, le sfrappe. Il tutto annaffiato da vini pregiati quali il Falerio dei Colli Ascolani o il Rosso Piceno.
Confesso: la terza ‘regola’ l’ho rispettata virgola per virgola!
Il bel video promozionale del Comune di Fermo conferma il tutto. Guardatelo qui https://www.youtube.com/watch?v=cngzugu0gVQ
Enrico Zoi