Agricoltori e paesaggio. In Svizzera il territorio è paesaggio da curare. E da noi?

Non si invitano neanche agli Stati generali del Paesaggio!

Contributi per la qualità del paesaggio. No, non accade in Italia ma in Svizzera e ormai da tempo. La logica appartiene a questo paese fatto di montagne che ha capito che il suo paesaggio è comunque “un’industria” da mantenere al meglio. E chi presiede tutto questo? Gli agricoltori e gli allevatori.

Pensate che questo argomento non vi interessi? Dovrebbe, invece, perché a tutti fa piacere vedere un paesaggio ben curato andando in vacanza o solo guardandosi intorno. Vi piacerebbe passeggiare per strade di montagna della Svizzera e vedere staccionate in legno rotte? Oppure preferite passare accanto ad un pagliaio profumato o vedere una distesa di narcisi?

Al bello pensano gli agricoltori elvetici che vengono pagati direttamente dallo Stato perché impiegano il loro tempo e loro risorse per rendere il paesaggio più bello: costruire un pagliaio  rende 180 CHF, una fontana di legno 100CHF, un campo di narcisi 800CHF per ettaro, riparare o costruire un muretto a secco 100CHF, un viale alberato 15CHF ad albero e via dicendo.

oznor

Promuove e mantenere paesaggi curati aiuta anche gli agricoltori che in questo modo riescono a mantenere al meglio la loro azienda anche in tempi di crisi. Un aiuto reciproco che i cittadini agricoltori danno al paese e il paese li paga per il loro lavoro. Semplice no?

Eppure da noi sarebbe impensabile. Basti pensare che agli Stati Generali del Paesaggio voluti dal Ministero per i Beni culturali (Mibact) che si sono svolti a fine 2017   GLI AGRICOLTORI …NON SONO STATI INVITATI!

Si erano preoccupati di invitare tutti (architetti, archeologi, ambientalisti, giornalisti, politici…) ma non chi quel paesaggio lo vive tutti i giorni e ne conosce pregi e criticità.
La domanda è: perché nel paese più bello ma anche fragile del mondo tutto questo non può avvenire?

Da giornalista seguo convegni e incontri organizzati dalle istituzioni su apesaggio, turismo, agroalimentare e mi accorgo che le parole son sempre troppe e si ascoltano i professionisti ma non i bisogni di chi il territorio lo vive.

Mi addentro in un’analisi partendo dalla burocrazia, quella morsa in cui siamo intrappolati a tal punto che solo un atto di forza rinnovatrice potrebbe azzerare. A questo si aggiunge che qualcuno proverebbe subito ad “ingannare” lo Stato  e, vista la mancanza di controlli seri e paritari, tutto andrebbe a finire con spese enormi per lo Stato.

Quindi? Andiamo in Svizzera a coltivare la terra!

 

Roberta Capanni