L’ultimo pirata della Patagonia: di nuovo in viaggio con Tito Barbini. Ho deciso di ripartire, di tornare in quella Patagonia (LEGGI) dove non sono ancora stato, né forse mai andrò. Ma dove mi portano alcune situazioni della mia vita di scrittore.
Oggi, a far decollare il mio viaggio per quella terra dalla parte opposta del globo, è di nuovo un libro dell’amico Tito Barbini. Di lui già lessi e immodestamente commentai Il cacciatore di ombre.
In viaggio con Don Patagonia. Il volume in questione è L’ultimo pirata della Patagonia. Viaggi veri e immaginari nei mari e nella terra ai confini del mondo, pubblicato da Mauro Pagliai in questo 2015, fra le ‘Non Guide’, collana diretta da Paolo Ciampi.
Patagonia bis, dunque? No, se posso aprire una parentesi, peraltro nello stile (avvolgente) di Barbini. Per me si tratta di Patagonia ter. Infatti, in una cartella del computer di casa (la mia scrivania non ha cassetti, del resto c’è ancora qualcuno che li usa per queste cose?), giace un vecchio soggetto cinematografico, scritto qualche lustro fa e ispirato ad un viaggio proprio in Patagonia. Un viaggio non mio, bensì di una carissima amica. Una storia di smarrimenti e ritorni… ma, per dirla più o meno alla maniera di Michael Ende e Billy Wilder, questa è un’altra storia e magari la racconterò un’altra volta.
Rientriamo in carreggiata. L’ultimo pirata della Patagonia viene da Torre del Greco e si chiama Pasqualino Rispoli! Proprio come quella comitiva di ragazzi che incontrai al campeggio da giovane e che erano tutti imbarcati per lavoro in qualche nave. Eccezion fatta per il simpatico ‘boss’, medico: torresi e pronti a partire come il nostro pirata. Perché di questo, di una partenza, narra il bel libro di Barbini. Dal quale ricaviamo l’abstract perfetto per comprendere il protagonista. “Un giovane parte alla ricerca del padre emigrato in circostanze oscure. Lo ritrova alla fine del mondo, nella gelida Patagonia. Qui diventa pirata, contrabbandiere, mercenario. Il miglior lupo di mare sulle rotte tra il Cile e l’Argentina. Diventa un mito” (pag. 60).
A me che amo il cinema (il mio veicolo di viaggio preferito), Pasqualino ricorda, fra le migliaia di personaggi della fabbrica dei sogni, la figura dell’avventuriero/esploratore John Laroche del film di Spike Jonze. Il ladro di orchidee (Adaptation, 2002), a sua volta ispirato al romanzo Il ladro di orchidee. Storia vera di un’ossessione (The Orchid Thief) di Susan Orlean. Laroche, uno che non si fermava davanti a nulla (senza peraltro finire in Patagonia!).
Come lui, più di lui, Pasqualino arriva fisicamente e mentalmente ai confini del mondo. E nell’orizzonte del nostro pirata napoletano, dall’altra parte della Patagonia e della Terra del Fuoco, c’è proprio il clamoroso ed esistenziale ‘nulla’ dell’Antartide. Meta letteraria di grandissimi romanzi di viaggio quali Storia di Arthur Gordon Pym (1838, The Narrative of Arthur Gordon Pym of Nantucket), di Edgar Allan Poe, o Le montagne della follia (1936, At the Mountains of Madness), di Howard Phillips Lovecraft.
Di quei luoghi/non luoghi, affacciati sullo Stretto di Magellano, eppure alle soglie di un infinito più che leopardiano, Barbini racconta il freddo e l’avventura. Gli stenti e le scommesse esistenziali. I banditi e gli eroi, le stragi e gli amori, le evasioni e i paesaggi.
Perché tutto questo è il suo libro. La linea continua della vita di Pasqualino Rispoli, ricostruita per quanto documentalmente possibile, e le storie e vicende che da tale linea partono e si riagganciano. Anche reciprocamente, nei mille meandri della varia umanità e geografia.
Di questo universo, Barbini, va detto, è straordinario testimone, narratore che sa prendere per mano il suo coinvolto lettore. Del resto, ormai il nostro autore si sente più a casa in Patagonia che altrove. Da qualche parte mi sembra anche che lo scriva, e se non lo scrive lo pensa, e se non lo pensa lo sente e noi, con lui, lo percepiamo.
Mi accorgo che in fondo non vi ho raccontato quasi niente di questo Ultimo pirata della Patagonia, ma forse è meglio così. Chissà, magari l’ho fatto apposta: ho viaggiato nelle mie Patagonie e nelle mie piccole Terre del Fuoco personali, perché è pure in queste lande che le fotografie e le narrazioni di Barbini mi hanno condotto durante la lettura. E mi sono lasciato trasportare. Fatelo anche voi…