Articolo di Roberta Capanni per la rubrica – Vinidivini – Ero alla ricerca di chi sentisse ciò che io sento. Sto parlando di energie sottili e stavo cercando chi andasse oltre la semplice coltivazione biologica, biodinamica e altre cose, che diverse aziende stanno portando avanti. Cercavo qualcosa di più. Possibile – mi domandavo – che nessuno vada anche oltre?”
È iniziata così la mia “caccia al tesoro” che mi ha portato a conoscere Alessandro Filippi e a fare una delle degustazioni più belle e, qualcuno direbbe magica”, che io abbia mai fatto.
Ma partiamo dall’inizio. Ho incontrato Alessandro al Chianti Classico Collection a febbraio alla Leopolda di Firenze. Ci eravamo sentiti per telefono dopo che mi ero letta alcune informazioni trovate sul sito di Vini di luce che già erano un bel programma.
VIni di Luce e un “vitologo”
Mi sono trovata davanti ad un enologo (anzi un “Vitologo” come ama definirsi) molto prevenuto verso i giornalisti. Esperienze passate che sicuramente non hanno reso onore alla categoria a cui io appartengo. Non potevo biasimarlo, spesso i giornalisti sono i “saputelli” di turno e specialmente verso chi parla “una lingua diversa dalla loro” sono arroganti e poco eleganti.
Ci siamo messi seduti al sole e ho iniziato a fare le mie domande ad Alessandro. Ero davvero curiosa.
Come nasce il metodo Vini di Luce?
Io sono un enologo ma c’era qualcosa che non risuonava in me, in ciò che avevo appreso e avevo imparato, e ciò che sentivo e ritrovano nei vini. Poi ho conosciuto un agronomo francese che utilizzava l’antenna Lecher che misura le vibrazioni. Ci sono dei numeri che rendono chiaro il valore di quelle vibrazioni. Se esiste una determinata vibrazione, in quel determinato luogo o anche alimento, l’antenna si muove indicando un valore.
Così, senza tralasciare la cura maniacale del vigneto, mi sono dedicato all’approfondimento della vitalità dei suoli, i bisogni, le interazioni con le piante. Ho proseguito con il discorso dell’ acqua informata, mi sono domandato che cos’è l’acqua oltre al liquido e alla chimica che conosciamo, che cosa può essere l’acqua? Ho iniziato a fare prove, a pensare e testare la biodisponibilità e ho creato una sorta di mio protocollo.
Dall’acqua sono passato al vino. Un vino, come ogni altro prodotto che ingeriamo, non è sufficiente che sia naturale per essere disponibile per l’organismo. La vera diponibilità non sono gli elementi chimici, tutto dipende dall’energia della vibrazione che questo alimento trasmettere e che le cellule riconoscono ancora prima di introdurlo nell’organismo. E per questo può esserci UNA SENSAZIONE DI apertura o chiusura che indica che qualcosa non va.
Ma come lavori “sul campo”? Come misuri l’intensità o comunque la vibrazione corrispondente?
Io penso a una vibrazione. Se c’è quella vibrazione in quell’ alimento, in questo caso il vino, l’antenna di Lecher si muove, se non accade niente significa che quella determinata vibrazione non c’è. Prendiamo, ad esempio, la frequenza della terra, cioè la vibrazione della terra. Se io lo invio ma non la sento nel lotto che sto verificando, significa quel vino non è a posto da un punto di vista del terreno quindi non c’è un giusto equilibrio. Da qui comincia l’indagine.
Che cos’è che manca, c’è un giusto rapporto tra carbonio e azoto? L’attività microbiologica è scadente? IL terreno ha un profumo di sottobosco o di qualcos’altro? Le piante comunicano con la terra e con il cosmo attraverso l’apparato fogliare e l’uomo deve fare attenzione quando interagisce con la pianta.
Quindi se la pianta viene rispettata, se viene rispettato il ciclo produttivo, se non si fa solo per business, non perché sia sbagliato, ma perché spesso si dimentica il perché produciamo alimenti.
Quindi hai cominciato per un tuo sentire, lo hai applicato alle tue conoscenze.
Ma come si può spiegare tutto questo a chi non comprende che il mondo non è fatto solo da ciò che vediamo?
Io ho iniziato quasi per gioco, ho sperimentato, ho studiato. Come enologo ho studiato all’università di Padova e so quanto sia importante poter dimostrare, anche scientificamente, ciò che stai dicendo. Così ho cercato chi potesse aiutarmi in questo ed ho trovato a Zurigo un laboratorio svizzero dove In pratica determinano la qualità vibrazionale degli alimenti attraverso la forma.
La forma è legata alla vibrazione che ha generato quel determinato tipo di materia. In questo laboratorio, che effettua da oltre 40 anni esperimenti di questo genere, i campioni di vino sono stati fatti evaporare a 1200 gradi e poi sono state analizzate le ceneri. L’analisi si basa sulla forma geometrica che queste assumono: più le forme sono armoniche, più c’è vitalità. Le immagini che il microscopio elettronico restituisce sono uniche, le forme sono uniche e si comprende come dentro all’infinitamente grande ci sta il piccolo e si va anche oltre…
“Nelle risultanze cristallografiche, analizzate nell’arco temporale di due mesi, emerge in modo netto e costante, una natura cristallografica vitale e terapeutica dei vini di LUCE dell’enologo Filippi, confrontati con altri vini convenzionali.”
“ I soluti analizzati nel vino presentano caratteristiche organiche di sostanze altamente bio-disponibili “.
“ Giudizio S.A.T. molto buono. A nome del laboratorio Visionlab, ci complimentiamo per il risultato raggiunto”
Personalmente comprendo molto bene ciò che stai dicendo ma come possono i produttori di oggi capire?
Ho fatto fare anche prove sui vini inviando campioni al “buio” e alcuni vini DI LUCE lavorati anche con l’aggiunta di solfiti, (ovviamente in quantità minima (sotto i 50 mg/L), avevano comunque un’ alta biodisponibilità e una cristallizzazione spagirica altamente armonica.
Voi state diffondendo questo metodo. Come rispondono i produttori?
Il Metodo Vini di Luce sta cominciando ad andare in giro. Ci sono aziende che lo stanno adottando. Dal 2015 abbiamo contribuito a creare insieme ad agricoltori una cooperativa di produttori , La cooperativa vino nuovo- nous, che ha sede legale a Soave, con soci in Sicilia, in Puglia dove non si produce solo vino. Abbiamo applicato il metodo anche a tutto il resto, quindi all’ortofrutta e ai cereali soprattutto il grano e quindi anche a farina, pasta, biscotti.
Quando ho lasciato l’azienda di famiglia, io sono andato in Sicilia e lì ho iniziato un progetto che è poi cresciuto e ha preso altre strade ma sempre approfondendo la scelta iniziale.
Che dimensione hanno le aziende che chiedono di seguire il Metodo Vini di Luce?
Di solito sono medio piccole, dai 3 ai 10 ha, e si creano delle reti commerciali che attualmente sono ancora in fase di sviluppo perché siamo più tecnici e ricercatori. Non è una scelta facile per un’azienda che decide di seguire il nostro metodo; le aziende devono prendere in considerazione molte cose. Quindi c’è uno studio per quanto riguarda l’ambiente in cui vengono posizionate le vasche, per esempio e anche dal punto di vista energetico ci sono dei dispositivi che applichiamo nelle cisterne nelle varie fasi di lavoro.
Come fa il consumatore finale a comprendere tutto quello di cui abbiamo parlato?
Noi facciamo delle serate informative. Abbiamo un logo che fa riferimento al metodo. Prima di divulgare volevamo poter rispondere con prove scientifiche. E anche il lavoro in cantina andava compreso al meglio per divulgare. I nostri sono vini un po’ diversi al vino a cui la gente si è ormai abituata, c’è da riprendere una “cultura del vino” come alimento, con la sua biodisponibilità.
Molte persone non riescono a bere vino perché dicono di star male? Cosa accade se beviamo vini di luce?
Posso farti ascoltare delle testimonianze (ascolto un piacevole audio di una signora che ordina del vino per la mamma molto anziana che riferisce essere più presente dopo aver bevuto mezzo bicchiere a pasto e senza avere nessun disturbo). Il vino, ripeto, è un alimento se diventa disponibile per l’organismo se, a chi lo beve, arrivano i nutrienti arrivano. Come già detto se l’organismo riconosce una sostanza tossica fa di tutto per non assorbirla una volta ingerita e cerca di espellerla il più velocemente possibile. Al contrario quando troverà sostanze utili le assorbirà velocemente e senza alcun danno.
I nostri vini sono diversi. hanno profumi legati alla natura , sono più minerali, legati al terreno di origine, non hanno profumi e gusto “costruiti” .
Oggi i ragazzi che si preparano per entrare nel mondo del vino, secondo te sono abbastanza preparati?
In parte. Hanno delle conoscenze ma sicuramente non queste. C’è un maggiore approccio dal punto di vista naturale e seguendo la moda della cosiddetta “enologia leggera” c’è meno chimica nel vigneto e un maggior legame con il territorio ma ovviamente non basta.
È difficile prendersi cura della vigna o comunque di un terreno con il vostro metodo?
No, bisogna solo comprendere. Noi lavoriamo molto sul terreno. Ci sono terreni che potrebbero dare molto ma che son trattati così male che poi devi per forza fare tante lavorazioni in cantina. È come avere una Ferrari e non saperla guidare. Lavoriamo sui sovesci, abbiamo studiato miscugli particolari, che vanno ad aumentare la sostanza organica, il carbonio organico, lavoriamo molto sulla microbiologia. Quindi tutta una serie di microrganismi che vengono portati in varie forme per creare questa simbiosi. Microrganismi e funghi, nel giusto ambiente, determinano l’aumento dell’apparato radicale anche di 700 volte E la capacità di assorbimento di quei sali minerali che sono tipici per quel terroir.
Bisogna sostituire la chimica di sintesi con concimi a base vegetale che vanno a rafforzare il sistema Immunitario della pianta: una pianta sana è forte e si ammala di meno. In questo modo si riduce anche l’utilizzo del rame e dello zolfo. Inoltre, anche nelle annate particolarmente calde e siccitose come quella appena trascorsa, si riducono le irrigazioni o non sono proprio necessarie.
L’ideale sarebbe cercare di ricreare un ambiente di tipo boschivo chimicamente (inteso come chimica naturale e non di sintesi) ed energeticamente parlando ma bisogna pensare anche al viticoltore moderno, alle sue esigenze.
Oggi molti vini sembrano uguali a se stessi annata dopo annata e molti si assomigliano. Quale è il tuo parere?
Sì. Perché i produttori cercano di seguire le tendenze del mercato ma se un’annata è calda o più piovosa, se il tuo terreno è posizionato in un modo rispetto ad un altro, il tuo vino sarà diverso, o almeno dovrebbe.
Sono uguali per forza perché in agricoltura oggi si fanno le stesse concimazioni, si piantano gli stessi vitigni da nord a sud, in cantina si aggiungono lieviti molto aromatici, si fanno chiarifiche, concentrazioni, e via dicendo. Alla fine è facile fare un vino uguale all’altro. È molto più difficile fare un vino che rappresenta il territorio e l’annata.
La nostra intervista è stata lunga e molte cose si possono leggere sul sito di vini di luce ma il consiglio è quello di acquistare del vino e iniziare a “sentire”. Tutti siamo antenne perché tutti siamo immersi in un mondo di energie e noi stessi siamo fatti di energia. Compreso questo vivrete meglio anche la vostra vita, sotto tutti i punti di vista! Quindi grazie ad Alessandro Filippi per questo primo approccio ai Vini di Luce.
Roberta Capanni