Anthony Quinn: il nostro viaggio cinematografico parte oggi da lui e dal ventesimo anniversario della sua scomparsa, che avviene a Bristol, nel Rhode Island (Stati Uniti d’America), il 3 giugno del 2001. Quinn ha 86 anni.

Da dove arriva Anthony Quinn?

Le origini del grande attore affondano nella notte dei tempi, un po’ come, mutatis mutandis, la recherche di Robert Conway nel celebre romanzo Orizzonte perduto (Lost Horizon), che lo scrittore britannico James Hilton scrive nel 1933 e che Frank Capra trasforma in un memorabile film nel 1937. Insomma, Anthony Quinn è per certi aspetti la versione umana della comunità fantastica di Shangri-La.

Perché? Ma perché parimenti fantastici sono i suoi natali. Il futuro divo del cinema nasce a Chihuahua, in Messico, il 21 aprile del 1915. In quel periodo, nel Paese, è in atto quella che viene solitamente indicata come Rivoluzione messicana. La madre si chiama Manuela “Nellie” Oaxaca ed è di stirpe azteca. Il marito, Francisco Quinn, pure messicano, è per metà di sangue irlandese e per metà maya. Un bell’incrocio di percorsi dinastici!

La scuola non è proprio l’àmbito in cui meglio si muove il giovane Anthony, forse anche per la precoce morte del padre in un incidente in motocicletta quando lui ha solo 9 anni e per il successivo trasferimento in una località vicina a Los Angeles. Sta di fatto che, dopo essersi dedicato al pugilato e alla pittura, intraprende la strada della recitazione. E meno male!

Una filmografia strepitosa

Tra 1936 e 2001, Anthony Quinn interpreta ben 169 ruoli – lungometraggi, cortometraggi, film per il piccolo schermo e serie televisive – collezionando ruoli memorabili. Ci vorrebbero più vite per ricordare tutti i titoli. Accontentiamoci delle tappe più importanti.

I due Oscar

Non è bello ma accanto a sé ha mille donne se riesce – e ci riesce – a far valere la non indifferente fisicità, un volto duttile e, in un certo senso, proteiforme e la sua bravura. Maestria interpretativa che gli vale, innanzi tutto, due Oscar come miglior attore non protagonista.

Il primo è del 1953 per il ruolo di Eufemio Zapata, fratello del rivoluzionario messicano Emiliano Zapata nel film Viva Zapata!, di Elia Kazan, con Marlon Brando. GUARDA IL TRAILER

Il secondo risale al 1957 e lo vince per il personaggio del pittore Paul Gauguin in Brama di vivere, diretto da Vincente Minnelli. GUARDA:

L’esperienza con Federico Fellini

Un felliniano come chi scrive non può che avere negli occhi il contorto e rude personaggio di Zampanò, nel film Oscar La strada (1954), diretto con mano felicissima dal Maestro riminese, dove l’attore messicano recita insieme a Giulietta Masina, la mitica Gelsomina. In questo capolavoro del cinema italiano, il cibo manifesta non tanto il suo fascino, quanto i suoi aspetti primitivi. Infatti, Zampanò, “uomo nudo con un bagaglio disturbato di fantasia” (per parafrasare e integrare il Jovanotti de L’ombelico del mondo), sfoga i propri appetiti sessuali dopo aver consumato un abbondante piatto di pasta. In tale sequenza temporale delle due funzioni, per lui almeno all’apparenza solo fisiche, si evidenzia come, in questa persona triste e crudele, oltre il nutrimento e il sesso vi sia comunque di più: una dimensione disumana che paradossalmente serve a rendere evidenti le diverse umanità dei due protagonisti. GUARDA

Da Nicholas Ray a Lawrence d’Arabia

Del 1959 è Ombre bianche (The Savage Innocents), di Nicholas Ray. Non è certo la pellicola migliore di un regista che ci ha donato capolavori quali Johnny Guitar (1954) e Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause, 1955), ma è comunque importante. Perché è un esempio della duttilità diciamo ‘etnica’ del talento e del volto di Quinn, in questo caso chiamato a interpretare il ruolo dell’inuit Inuk.

E perché la prima parte della storia offre un particolare spunto a suo modo gastronomico: i due protagonisti, Inuk e la compagna Asiak (l’attrice franco-giapponese Yoko Tani), vengono costretti a cacciare la volpe artica (ben 100 esemplari!) e a cibarsi delle sue carni. È vero che il nome che gli europei hanno da sempre assegnato agli Inuit è eschimesi (un appellativo che a loro giustamente non piace), che significa ‘mangiatore di carne cruda’, ma quello subìto da Inuk e Asiak è proprio un sopruso degli uomini bianchi: la carne di volpe artica cruda è tutto meno che buona e, soprattutto, commestibile. GUARDA:

Nel 1962, Anthony Quinn cambia radicalmente area geografica. L’occasione viene da Lawrence d’Arabia (Lawrence of Arabia), un colossal diretto da David Lean, vincitore di ben sette Premi Oscar, tra cui quelli per il miglior film e la miglior regia. Il nostro attore impersona stavolta Awda Abu Tayy, un valoroso guerriero beduino molto legato alle sue tradizioni e alla sua terra. Quinn passa così dal deserto di ghiaccio del Polo Nord a quello roccioso e rossastro della Valle della Luna, dove spesso ci si nutre con carne cucinata in profonde buche. GUARDA

Zorba The Greek, 1964 http:/www.tuttartpitturasculturapoesiamusica.com;

Zorba il Greco

Due anni dopo, e siamo al 1964, Anthony Quinn interpreta quello che probabilmente, insieme allo Zampanò felliniano, è il suo personaggio più famoso: Zorba il Greco (Zorba the Greek o Alexis Zorbas), nell’omonima pellicola di Michael Kakojanis, vincitrice di tre Oscar. È il film del sirtaki della Danza di Zorba di Mikis Theodorakis e dell’improvvisato ballo a due sulla spiaggia cretese di Stavros.

Giorgis Zorbas, il celebre personaggio del romanzo di Nikos Kazantzakis da cui è tratto il lungometraggio, dove il suo nome viene mutato in Alexis, è realmente esistito. Lo racconta la giornalista greca Gilda Lyghounis in un suo articolo del 2017.

Leggiamo: “La tomba nel cimitero di Skopje non lascia dubbi: ‘Giorgio Zorba 1869-1941’. Una piccola scritta affidata all’oblio, nascosta fra i nomi di una rispettabile famiglia di mercanti slavi, i signori Jada. Insieme a loro giace Zorba il greco, l’avventuriero dai mille mestieri, l’eterno vagabondo assetato di donne, di viaggi, di vita. Il novello Dioniso che il dolore e la gioia li esprimeva suonando il santouri, o nella magia di una danza virile. La danza di Zorba […]. ‘Nei suoi ultimi anni […] si rifiutava di vivere con la sua famiglia e stava in albergo’ racconta […] Evita Kexavia Barela, pronipote di Zorba e nipote di Androniki, una dei sette figli di Zorba’. Evita oggi vive a Xanthi, nella Grecia del nord, ma ha sempre mantenuto contatti con i suoi parenti, dei quali ha raccolto i racconti e le memorie. ‘Anche se all’epoca abitavano tutti a Skopje, il bisnonno andava a casa solo ogni tanto a bere il caffè.

A mangiare no: “Il mio stomaco è diverso dal vostro”, diceva. “Perché dovrebbe avere fame alla stessa ora?”’. Quando Zorba rimase vedovo con quella ciurma di figli, intorno al 1910, dopo la morte della moglie Elena, alcuni li portò con sé, nel suo peregrinare da un paese all’altro, altri li affidò a conoscenti, perché crescessero in una famiglia vera. ‘Mio padre aveva lo stesso nome di Zorba, Giorgio, così come mio figlio – continua Evita – entrambi hanno ereditato da lui l’amore per la vita, per la musica, il ballo, il movimento’. Quindi la famosa frase del film di Kakojanis “Zorba insegnami a ballare!” non era frutto di fantasia. Zorba suonava davvero il santouri, e amava finire le sue giornate danzando su una spiaggia o in una taverna con gli amici”.

Da Spike Lee al Profumo del mosto selvatico.

Dopo alcuni anni di ruoli più routinari, ritroviamo l’attore messicano – eternamente in viaggio – in Jungle Fever (Spike Lee, 1991), nei panni di Lou Carbone, un vedovo violento e razzista che vive nel terrore di essere abbandonato dal figlio. Film non memorabile per un Quinn invece all’altezza del suo personaggio. GUARDA IL DIALOGO NEL BAGNO CON JOHN TURTURRO:

Infine, citiamo il gustoso Don Pedro Aragon ne Il profumo del mosto selvatico (Alfonso Arau, 1995), storia di vigneti, passioni, buoni sentimenti e caratteri forti. GUARDA LA SCENA DELLA SERENATA DI KEANU REEVES:

Oggi Quinn è sepolto nella cripta di famiglia Quinn Family Estate, a Bristol, dove ha lasciato questo mondo esattamente vent’anni fa. Ma noi siamo sicuri che starà facendo come il suo Zorba: da qualche parte lassù ci sarà pure una taverna che si rispetti dove mangiare dell’ottima cucina greca e poi smaltire la cena nel vortice di un sirtaki! In fondo, nella sua nuova vita, Anthony Quinn ha solo vent’anni…