Contemplo il paesaggio e la luce pigra del pomeriggio sorseggiando un caffè nel porticato del Belvedere: visitare un giardino storico a volte riserva delle sorprese. Come quelle che si possono trovare al Giardino Bardini. Questo gioiello incastonato nella collina fiorentina che guarda verso nord-est, tra Costa San Giorgio e Borgo San Niccolò, deve il suo nome a Stefano Bardini. Il ricco antiquario lo acquistò più di un secolo fa: era il 1913. Dopo la morte di suo figlio Ugo, e dopo un lunghe e complicate vicende burocratiche, il giardino, dal 2006, è diventato finalmente fruibile a tutti.
Un giardino salvato dalla sfortuna
La sua posizione, in una delle zone più “sfigate” della città, dove frequenti erano le frane, ne ha determinato la conservazione risparmiandola dalla cementificazione.
Nel Medioevo, quando questo terreno era proprietà della famiglia dei Mozzi, ricchissimi banchieri e mercanti, vi era solamente un giardino murato. Un hortus conclusus proprio dietro al Palazzo di famiglia, mentre più in alto il terreno era sistemato a terrazze per favorire le coltivazioni agricole, impedirne l’erosione e il dilavamento. Quando nel 1303 I Mozzi persero questo terreno e molte altre proprietà a causa del fallimento della loro Compagnia, il giardino fu diviso in due parti e passò di mano tra vari proprietari. La “cicatrice” di questa divisione, durata fino alla prima metà dell’Ottocento, è costituita dal muro che divide il boschetto all’inglese dalla splendida scalinata barocca che conduce al Belvedere.
Le immense fioriture dle Giardino Bardini
La prima cosa che salta all’occhio osservando la planimetria del giardino, è infatti la divisione in due parti ben distinte. Forse addirittura in tre: a occidente la zona del boschetto all’inglese, al centro la Scalinata Barocca, a oriente i terrazzamenti agricoli.
Un luogo pieno del fascino della storia, creato con iI contributo di tanti pensieri, menti, mani che vi hanno lavorato. Rifletto su questo mentre cammino attraverso il boschetto verso la Limonaia e il Belvedere. Sono letteralmente circondata da specie sempreverdi, tipiche della nostra macchia mediterranea come I lecci o gli allori. Queste piante fanno da sfondo alle grandi azalee impressionanti per le loro dimensioni ma anche per le loro immense fioriture. Non mancano poi le piante acquatiche nei pressi del “laghetto del Drago”, di ispirazione giapponese, e, più in alto, quasi nascoste tra le mura e il Belvedere, le collezioni di viburni e di camelie, posto ideale questo per umidità ed ombra.
Giardino Bardini foto di Sabrina Mafara
Un giardino che “parla”
Rimango quindi abbagliata dalla luce e dalla vista della città che appare ai miei piedi appena uscita dal boschetto. Lo sguardo può adesso spaziare dalle colline di Fiesole a San Miniato e oltre. In basso, invece, la prospettiva della scalinata, costeggiata da iris, dalie e altre specie erbacee che assicurano fioriture durante tutto l’arco dell’anno. E ora mentre contemplo il paesaggio e la luce pigra del pomeriggio sorseggiando un caffè nel porticato del Belvedere, il giardino “mi parla”. Con il silenzio percepisco la pulsazione di questo luogo in cui piante così diverse convivono, sistemate da sapienti mani di giardinieri.
Il Grande Glicine
La parte più “agricola” del giardino è sistemata ancora oggi a terrazze e ospita un bel frutteto con alcune specie di frutti antichi. Per accedervi, e per camminare poi lungo le spalliere delle numerose varietà di rose, dobbiamo passare sotto il Grande Glicine. Un emblema della primavera fiorentina: sistemato su una struttura a tunnel, quando si copre di fiori è visibile anche dai lungarni. Il glicine fiorito, con il suo colore ed il suo profumo, crea cornici insolite alla vista su Firenze. Allo stesso tempo mette in ombra la collezione di insolite ortensie, anche rampicanti, che costeggia il tunnel e che cerca di richiamare il mio sguardo, concentrato invece su questa volta luminosa di grappoli di glicine .
Scendo verso il grande bagolaro, attraverso il frutteto e le rose, di cui si può talvolta sentire il profumo, e guardo in su. Il giardino, secondo la stagione, offre i suoi doni fatti di colori, di profumi, di luci e di ombre, di frutta, di foglie e di percorsi.
Shinrin-Yoku: un bagno di foresta e la musica udibile delle piante
Penso che passeggiare in questo magico luogo non sia solo un’azione estetica. Shinrin-Yoku è un’espressione giapponese che significa più o meno “trarre giovamento dall’atmosfera della foresta”, o “bagno nella foresta”, una sorta di Terapia Forestale. Trascorrere tempo nella natura comporta dei benefici a livello psichico e fisico. Qui la natura è “addomesticata” e arricchita dall’armonia e dalla bellezza di elementi aggiunti e creati dall’uomo.
È una grande fortuna quindi poter approfittare di un giardino come questo, a due passi dal centro storico, dove l’uomo e le piante lavorano in armonia per creare uno spazio così particolare. A questo proposito cito volentieri un interessante esperimento di connessione tra esseri umani e vegetali, curato dal prof. Stefano Mancuso, che ha scelto proprio questo giardino come teatro. Non importa quindi andar lontano, basta davvero aprirci a ciò che abbiamo intorno. Il progetto “Giardini Musicali” realizzato nel contesto del Master Futuro Vegetale, è stato l’ occasione per registrare la “voce” delle piante di questo giardino. Con una strumentazione apposita queste voci sono state “tradotte” in suoni musicali udibili dalle nostre orecchie, suoni gradevoli, rilassanti, unici.
Se lo volete ascoltare ecco qui il “canto” delle piante del Giardino Bardini: GIARDINI MUSICALIDI FIRENZE (Ascolta qui)