Annamaria Tossani è una delle mie colleghe preferite. Annamaria Tossani conduce da sette anni “Aspettando il TG” la trasmissione in diretta di Italia 7, canale toscano di informazione. Annamaria è la “signora” dell’emittenza privata in Toscana. Con la classe e l’eleganza che la contraddistinguono, ogni sera ospita cuochi, critici enogastronomici, storici, scrittori per cucinare e parlare di cibo.
Il suo percorso televisivo parte proprio da una trasmissione su una delle prime emittenti private: era il 1976 e con “Dove andiamo a cena stasera?” Annamaria aveva mostrato subito la sua passione. Una passione ereditata da una famiglia che le ha trasmesso l’amore per gli odori e i profumi del cibo, l’arte della bella tavola, della raffinatezza sobria e avvolgente.
Per Annamaria la tavola è cultura con la C maiuscola.
Ci siamo incontrate durante una delle tante manifestazioni di cui è conduttrice e madrina, amata dal pubblico e da tanti chef. Stanca per il tanto lavoro ma sempre elegantissima e cortese, in un momento di pausa ci ha detto che…
Annamaria Tossani, una giornalista definitivamente enogastronomica?
A questo punto della mia carriera possiamo dire di sì, anche se lo trovo riduttivo perché l’enogastronomia non è solo cibo, fa pensare alla storia di un territorio, all’arte, alle persone, al cambiamento di una cultura, quindi direi che sì, sono una giornalista enogastronomica ma non solo.
Una trasmissione di grande successo da quanti anni, tanti riconoscimenti e premi. Te lo aspettavi?
Aspettanto il TG dura da 10 anni, una prima versione condotta da Claudio Sottili io poi mi sono inserita. Quando Claudio, cinque anni fa, ha fatto scelte diverse, ho cercato, in accordo con l’editore, di dare un’impronta ancora più personale. pare che il pubblico gradisca…
È evidente che il cibo è importante per te e non solo per lavoro, ma quanto?
Io adoro ricercare certi prodotti che abbino anche a ricordi, profumi, sensazioni. Il “nutrirmi” non è poi così importante, è tutto l’insieme che mi affascina. Io ho due figlie e cerco di trasmettere loro e di portare sulla mia tavola quotidiana delle emozioni. Mi auguro che alcuni piatti semplicissimi che porto in tavola possano, pur nella loro estrema semplicità, diventare elemento importante di educazione alimentare. Sono donna estremamente semplice, estremamente parca, però adoro le cose buone. Questa è la mia filosofia in cucina.
Tu sei sempre a contatto con grandi chef, vicino a loro cosa si impara?
Certo si impara, anche a non voler fare delle cose per forza.Si impara a considerare gli chef e i loro piatti, come “delle esperienze” che devono essere tali, cioè non devono essere quotidiane: due volte all’anno può bastare una grande esperienza. Nella vita quotidiana le esperienze sono altre, come far la spesa giusta per esempio: la velocità con cui sei costretto a farla, il poco tempo in cui devi tener conto di tantissime cose… ma avendo fatto la spesa giusta, tutto diventa più semplice. Poi, personalmente, sono assolutamente favorevole al ritorno del pranzo della Domenica così com’era concepito, come momento totale e conviviale della famiglia, con dei piatti che si facevano con amore e per amore.
Parliamo di prodotti, prodotti genuini ovviamente. Nonostante la crisi pensi che le persone siano oggi più consapevoli di ciò che portano in tavola?
Assolutamente sì. Le persone sono diventate consapevoli di ciò che portano in tavola, bisognerebbe però fare un ulteriormente un passo avanti. Oggi ci sono tante trasmissioni di cucina e si crea anche tanta confusione; ma alla fine ciò che a me preme di più e creare consapevolezza di cosa portiamo in tavola. Non è un caso se la trasmissione che conduco è stata premiata con tanti riconoscimenti. Desidero che si mettano sempre in evidenza i prodotti del territorio, che si parli delle loro caratteristiche perché questo significa insegnare piano piano alle persone. Inoltre credo che sia giusto valorizzare i prodotti del territorio ma non solo. Prendiamo per esempio la banana,un frutto buonissimo che non cresce nel nostro paese, ma che apporta sostanze necessarie al nostro organismo.
Oggi vediamo il proliferare dei “critici gastronomici” cosa ne pensi?
Il cibo secondo me è un’esperienza soggettiva e quindi l’essere “critico” vuol dire mettere a disposizione la propria esperienza, le nozioni in più che il critico può possedere su un ristorante, un ristoratore, uno chef . Un’analisi diversa ma assolutamente personale. Più volte invece in questo campo si tende a rendere oggettivo qualcosa che invece dovrebbe rimanere nell’ambito della soggettività. Comunque li rispetto, ci discuto spesso però ritengo che la tavola sia un’esperienza personale.
Parliamo di Trip advisor e recensioni negative.
Le guide dovrebbero essere delle guide, dare indicazioni, oggi tutti si sentono “critici” e mettono in difficoltà seri ed onesti ristoratori. Dietro le scelte di un ristoratore ci sono scelte che non sempre possono essere comprese dal cliente e un piatto non perfetto uscito da una cucina non significa che quel ristorante sia da evitare. Trip advisor è un mezzo utile ma è diventato troppo potente e va oltre il ruolo di guida e, a mio avviso, andrebbe ricondotto entro i giusti limiti. La critica non ha mai fatto male a nessuno, accettare le critiche serve a migliorare, sempre che le critiche siano fatte con educazione e delicatezza, rispettando il lavoro che c’è dietro ad un piatto e dentro una cucina. Rispondere alle critiche è giusto e può essere un modo per dimostrare serietà.