la Sicilia che ci piace.

Grani per “teste” moderne e cuori “antichi”

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Filippo Drago

Si chiama Filippo Drago e appena qualche giorno fa si parlava di lui sul New York Times. Filippo Drago,  dei “Molini del Ponte” a Castelvetrano in provincia di Trapani,  è una di quelle persone che parlando del loro lavoro ti fanno capire che “non tutto è perduto”  e che tradizione e innovazione, e soprattutto qualità, possono andare a braccetto.
Filippo Drago nel suo mulino sta portando avanti un lavoro eccellente, con professionalità e senza cercare “vie facili”.  Ascoltare questo giovane siciliano,  mentre parla di ciò che fa ogni giorno, è come aprire una finestra sul futuro e vedere una giornata radiosa.
Filippo Drago fa parte di quella schiera di persone che credono in un futuro migliore e prima operano, poi parlano, lasciando le chiacchiere inutili ai “politicanti di mestiere”.

È un fiume in piena Filippo mentre racconta, senza se e senza ma, il suo lavoro. “I prodotti – dice Drago – si devono raccontare – perché la legge non permette al consumatore di comprendere davvero il prodotto dall’etichetta.” In attesa che la Legge si decida, lui racconta, si muove, fa conoscere, spiega, insegna.
Nel suo molino a Castelvetrano convivono macchinari di nuovissima generazione e macine a pietra. Qui si producono farine da varietà di grano antico  come Biancolilla, Russello, Tumminia, qui la farina integrale è vera,  “integra” cioè mantiene il germe del grano cosa che non capita facilmente e mai nelle farine industriali. Senza il germe la farina si lavora e si conserva (anche se non è proprio così) meglio ma viene privata delle tante sostanze nutritive.

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Molini del Ponte

Drago, conosce e spiega perfettamente il meccanismo di produzione delle sue farine e le sue scelte che partono dal pagare il giusto prezzo a chi il grano lo coltiva.
Non stringe contratti capestro con nessun produttore, lui non impone un prezzo e paga subito perché quel produttore possa produrre al meglio e mandare avanti la sua impresa.
Con i Molini del Ponte collaborano più di 50 aziende agricole e nessuno ha un contratto perché nel “mondo” di Drago la parola è tornata ad avere il suo valore. “Loro sono liberi – dice  – possono andare a vendere il grano a chi vogliono (n.d.r.se ai lettori sembrerà ovvio sappiate che non è così).”

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Molini del Ponte

Si parte da questa filosofia per arrivare alla produzione di farine che vengono macinate secondo le loro specificità, per mantenere inalterate le caratteristiche, esaltarne i profumi che il suolo siciliano dona.
E quindi, torniamo all’affermazione che  “i prodotti si devono raccontare” perché farine  “bellissime con abiti superfirmati” per usare le parole di Filippo Drago, anche più care di quella da lui prodotta vengono scelte dal consumatore, ormai ignaro di come si produce  una buona farina, facendo leva proprio su questa sua “non conoscenza”.

Un mulino a pietra produce 20 quintali nelle 8 ore lavorative, un mulino a cilindri a 200 quintali quindi non c’è limite alla produzione a cilindro. La domanda da porsi è: come è possibile che ci siano farine macinate a pietra per quintali e quintali prodotti al giorno?
Purtroppo ci sono industriali che non hanno certo la filosofia che muove Drago nel suo lavoro. La farina da loro prodotta è comunque sana ma dovrebbe essere venduta a 50 centesimi al chilo invece arriva a costarne anche 3 euro pur essendo prodotta da mulini a cilindro.
La farina macinata a pietra viene da grani integri e non riscalda come invece si crede perché ciò dipende da quanta produzione si vuole ottenere. Le farine prodotte a pietra sono, sicuramente,  più difficili da lavorare ma non impossibili e oggi sempre sono sempre di più i grandi “maestri” panificatori  e pasticceri che le usano.molini del POnte sacchi di farina

La Sicilia poi è fortunata perché ha ancora varietà di grano che si piantavano prima della standardizzazione che oggi imperversa nel mondo che ha creato grani più produttivi, più resistenti, più bassi ma più ricchi di glutine e da qui il salto all’aumento dei problemi di intolleranze è breve.
In Sicilia, negli anni ‘30 Ugo de Cillis  inviò i suoi agronomi nelle province dell’isola a raccogliere i semi dei grani che venivano coltivati: Maiorca, Biancolilla, Scorzonera, Russello, Perciasacchi, ecc… e catalogandone più di 50 che restarono custoditi fino all’inizio del 2000.

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Filippo Drago e Roberta Capanni durante la visita a Castelvetrano

Quei grani poi sparirono. Negli anni ’60, infatti,  si ebbe la “felice” idea di cancellare tutte queste varietà e non inserirle nel registro dei grani (dove sono contenuti i grani che si devono piantare ufficialmente pena multe salate): questo è stato il motivo che ha permesso a queste antiche varietà di resistere. Antichi grani quindi poco produttivi, inadatti alla coltivazione intensiva, messi alte e altissime che ondeggiavano al vento e risplendevano al sole.

Il percorso sano che segue Drago parte pulitura di ciò che arriva dalla campagna con i mezzi più moderni pari a quelli della grande industria, prosegue con la macinazione a pietra con molini a pietra naturale  di origine francese (una pietra molto dura e porosa) e finisce con il rispetto totale del consumatore finale.
È questo il successo di questo giovane siciliano: la coerenza. “Tutto parte da un campo privo di concimi e pesticidi – dice Filippo Drago – dove si ha rispetto per le erbe spontanee che non sono “malerbe”ma semplicemente finocchietto, aneto, carciofo selvatico, camomilla (come nelle aree delle Madonie) tutte piante che trasferiscono profumi al grano.”  Poi si prosegue con pagare il giusto prezzo a chi lavora la terra, preservare le caratteristiche migliori del prodotto e non ingannare il consumatore.
Progetti, tanti, incontri per far conoscere un  prodotto antico, questa è la vita di un “sognatore” ben ancorato alla terra che ama.
Perché abbiamo tutti bisogno di fare un passo indietro per fare un salto in avanti.

Roberta Capanni