Il 6 luglio del 1971 muore Louis Armstrong, cinquant’anni esatti, quindi, da quando il più grande trombettista della storia del jazz, splendido artista e musicista, ma anche ottimo mangiatore, si dirige verso i pascoli del cielo. Noi lo raccontiamo, come sempre, con un occhio rivolto al grande schermo e l’altro alla tavola imbandita.

Tra musica, cinema e cibo

Difficile sciogliere questo trittico – musica, cinema e cibo – quando si parla di Satchmo (suo soprannome storico). Proveremo a orientarci al suo interno, come in una sorta di slalom.

A partire dai numeri, che sono da capogiro: 345 le pellicole che contengono suoi brani o partecipazioni nella colonna sonora e 35, tra 1930 e 1969, le apparizioni in film.

E a partire anche dalla sua incredibile vita, che lo vede, da bambino, mentre frequenta la Fisk School per ragazzi, aiutare il bilancio familiare (la madre e alcuni parenti, poiché il padre non abita con lui) raccogliendo carta e trovando resti di cibo che egli rivende – con uno spirito del riciclo che va a totale discapito dell’igiene! – a vari ristoranti. Un’infanzia di espedienti, che tuttavia non basta a evitare alla madre la via della prostituzione.

Due cuori in cielo

Dopo accurata selezione e non senza ricordare che l’esordio di Satchmo al cinema risale al 1930 (il titolo è ‘Ex-Flame’, il regista è Victor Halperin e il nostro ha 29 anni), iniziamo la breve narrazione dal suo decimo film, ‘Due cuori in cielo’ (‘Cabin in the Sky’, 1943, Vincent Minnelli). Al suo fianco, Ethel Waters, Lena Horne, Eddie ‘Rochester’ Anderson. Si tratta di una commedia musicale, ispirata all’omonimo musical di Lynn Rodd del 1940: una storia onirica e di sospensione tra il cielo e l’inferno, al cui interno Armstrong interpreta naturalmente il sorridente ‘the trumpeter’ e si esibisce insieme a Lena Horne, celebre stella della musica americana.

Già… il sorriso. Armstrong è diventato un’icona del ventesimo secolo anche in virtù della sua incredibile e contagiosa panoramica dentale, che ben rispecchia il suo carattere strettamente legato ai piaceri della vita: suona con passione, ama con passione e mangia con passione! E piatti e pietanze entrano spesso nei titoli e nelle parole delle sue canzoni, in maniera più o meno criptica. Pensiamo a un brano quale ‘Struttin’ With Some Barbecue’. Ma anche a quando conclude le sue lettere con ‘Soul Foodly Yours’ o con ‘Red Beans & Ricely Yours’, per giocare con il suo piatto preferito: fagioli rossi e riso, tipico della cucina creola della Louisiana. Dirò di più: Lucille e Louis Amstrong hanno una loro ricetta specifica per tale pietanza, custodita dalla Louis Armstrong House Museum (https://www.louisarmstronghouse.org/). Del resto, la leggenda vuole che la moglie Lucille, settentrionale, ma comunque valente interprete culinaria di questo piatto del sud, lo conquisti proprio con i suoi ‘Red Beans and Rice’!

   

La città del jazz

Del 1947 è ‘La città del jazz’ (‘New Orleans’, di Arthur Lubin), in cui Armstrong, accreditato anche come Original New Orleans Ragtime Band, recita insieme ancora a Lena Horne, ma anche ad Arturo de Cordova, Dorothy Patrick, Billie Holiday (quest’ultima in una delle sue rarissime apparizioni sul grande schermo) e a tanti altri musicisti dell’epoca. La storia è sciropposa, ma le musiche funzionano. Parte della critica considera questa come la migliore interpretazione cinematografica di Satchmo. E poi la cucina di New Orleans è una delle sue preferite, curiosamente accanto a quella cinese. Si dice che, in qualunque parte del mondo si trovi a suonare, Armstromg si assicuri che ci sia un ristorante cinese vicino. Né, peraltro, disdegna la gastronomia italiana: nel 1959, a Spoleto, dopo una grande abbuffata a cena, egli scambia l’ovvia indigestione addirittura con un infarto! Per inciso, tornando a New Orleans, la principale città della Louisiana, è lì che Armstrong viene alla luce il 4 agosto del 1901: quindi, tra poco meno di un mese, ricorre anche il 120° anniversario della sua nascita.

Paris Blues

Il 1961 porta Armstrong sul set del drammatico e impegnato ‘Paris Blues’, di Martin Ritt. Suoi compagni di viaggio nella nuova avventura cinematografica, sono attori quali Sidney Poitier, Paul Newman, Serge Reggiani e Joanne Woodward. Nemmeno in questo caso il film è un capolavoro, ma memorabili sono le sequenze musicali, affidate, oltre che ad Armstrong, a Duke Ellington.

Tra Hello, Dolly e Hollywood… Hollywood

Impossibile parlare di Louis Armstrong senza citare due punti fermi della storia del cinema (e del costume) hollywoodiano al quale egli naturalmente prende parte.

Il primo è il mitico ‘Hello, Dolly’, diretto da Gene Kelly nel 1969, lungometraggio che conquista ben tre premi Oscar nel 1970: migliore scenografia a John DeCuir, Jack Martin Smith, Herman A. Blumenthal, Walter M. Scott, George James Hopkins e Raphael Bretton; miglior sonoro a Jack Solomon e Murray Spivack; e miglior colonna sonora a Lennie Hayton e Lionel Newman. ‘Hello, Dolly’ è interpretato, fra gli altri, da Barbra Streisand, Walter Matthau, Michael Crawford, Marianne McAndrew e Danny Lockin. L’orchestra è – ve ne stupite? – quella di Louis Armstrong.

Nel 1976, viene realizzato uno dei filmoni antologici, tra nostalgia e amore per la musica, dedicati alle commedie musicali della Mgm: ‘Hollywood… Hollywood’. Lo dirige e lo interpreta ancora Gene Kelly, con le apparizioni di pressoché tutti i più grandi nomi del cinema americano, compreso quindi Louis Armstrong.

Armstrong, con la sua affascinante e corpulenta figura, uno skyline verticale che amorevolmente si colloca nella bella famiglia di beniamini del grande pubblico quali – citiamo a caso, pescando dagli archivi della nostra memoria personale – Alfred Hitchcock o il commissario Basettoni, nella sua vita sempre alterna il sovrappeso con le diete, facendo impazzire nutrizionisti e bilance!

Per finire, un breve post scriptum cinematografico per segnalare il documentario inglese ‘The Wonderful World of Louis Armstrong’, di John Akomfrah, del 1999

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