Sabatini riprende la sua corsa. Il famoso ristorante fiorentino tra storia e nuova vita.

Sabatini è il ristorante per antonomasia di Firenze. Esiste dal 1924 e fa parte di quei locali che sono entrati a far parte della storia di una città. Non perderne memoria e continuare a farli vivere non è facile. Il  ristorante Sabatini ha fatto davvero la storia della ristorazione a Firenze e non solo e sarebbe stato un peccato perderlo. Per questo speriamo che Julian Golemi, trentaquattrenne nuovo proprietario che ha al suo attivo già un importante percorso lavorativo nella ristorazione  fiorentina (essendo già titolare della trattoria il Paiolo), sappia mantenere viva la fiamma della fama di questo locale.

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Fino a qualche anno fa scommettere una cena “da Sabatini” era la scommessa “per antonomasia a Firenze, un modo per mettere in palio una posta ambita e alta. Nato nel 1914 dalla simpatia di Gino Sabatini in via Valfonda e approdato nella sede attuale dieci anni dopo,  Sabatini ha visto passare nelle sue sale eleganti, artisti e politici, imprenditori e pensatori, musicisti e attori hollywoodiani che hanno segnato il ‘900 ma anche tanti fiorentini per cui il ristorante era simbolo di piatti eccellenti e accoglienza raffinata.

Sabatini non ha resistito al cambiamento radicale della fruizione della ristorazione avvenuto negli ultimi 40anni e quando non son più bastati i pisellini piccoli piccoli o gli spaghetti alla lampada, dopo aver provato ad adattarsi al nuovo tipo di mercato, gli ultimi proprietari, Carlo Lazzerini e Claudio Schiavi, hanno ceduto lo scettro. Un compito non facile, quindi,  quello raccolto dal giovane ristoratore,  riportare il ristorante fiorentino ai fasti del ventennio centrale del secolo scorso senza snaturarlo non è un’impresa che può riuscire a tutti.

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Nel locale oggi tutto pare immutato: l’accoglienza calda e discreta all’entrata, l’allestimento in boiserie di legno scuro, la luce ben studiata. Rimodellato nella struttura di un’antica chiesa sconsacrata del 1500, il grande ambiente firmato dall’architetto Stigler è soggetto a vincoli storici e non può subire drastiche ristrutturazioni, cosa che ci rende particolarmente felici. Firenze ha visto troppi scempi di locali che avevano un passato che un’amministrazione accorta avrebbe difeso con i denti. Così non è andata e quindi Sabatini diventa un ulteriore simbolo.
Il Sabatini di oggi però resiste e, anche se i camerieri non sono più una squadra di 18 persone, c’è grande preparazione sia in sala che in cucina, affidata alle giovani ma abili e preparate mani di Alessio Mori, chef toscano che ha le idee ben chiare sulle proposte da mettere in carta.

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Nel nuovo menù ci sono piatti della tradizione ma anche nuove proposte che cambieranno secondo stagionalità.  Noi abbiamo degustato terrina di fegatini, arachidi, ananas arrostita e salsa tepache come primo assaggio  poi scampi, indivia, macadamia, maionese di limone arrostito, a seguire un invitante e rassicurante spaghettone alle acciughe marinate, salsa di cime di rapa, crema all’aglio e colatura di alici. Seconda parte della nostra degustazione con ricciola, cous cous, cavolo romano, cicoria, salsa ceasar e frutti di mare e finale con babà, gelato al cappero, panna e vaniglia.

Tutto buono e ben presentato e ben abbinato agli Champagne Gamet proposti. Interessante e gustoso il pane fatto dalla cucina. Materie prime di qualità con sapori e profumi ben calibrati adatti alla cucina di un Sabatini adattato all’oggi.  Oltre la scelta alla carta proposto un menù Flambè di 5 portate da 115 euro per commensale e  l’abbinamento vini a 75 euro, un menù Classico  da sei portate a  75  con vini a 45, un menù Gourmet a 95 euro più 60.

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La parte del leone da Sabatini  la fa ancora il servizio, caldo, familiare ma non invadente e l’ambiente elegantemente rassicurante. Un suggerimento di attenzione ai bagni che nella loro “datazione” rivelano particolari da curare con più precisione (ma immaginiamo che questo sia già stato previsto).

Un ristorante quindi che torna ad essere non adatto ai gruppi di turisti ma ad una clientela che cerca un’oasi di pace nella giungla di pali che la tramvia fiorentina ha portato in zona, facendo tornare piacevolmente in una Firenze elegante e raffinata.

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