Uno chef veneto per un ristorante toscano.
A Firenze un “matrimonio” riuscito.
Industria. Nome particolare per un ristorante nel centro di Firenze, un nome che incuriosisce. Il ristorante Industria si trova in Borgognissanti strada dedicata alla ristorazione toscana con punte di eccellenza e in questo contesto, Industria si inserisce perfettamente. Un locale che fuori si presenta come un classico ristorante del centro fiorentino ma all’interno cela l’immediatezza dei “tubi” a vista, con sfondi metropolitani alle pareti, tavoli e sedie colorate. Siamo nella Firenze dentro le mura, la Firenze antica ma elegante. L’Arno è ad un passo e dopo cena una passeggiata verso Ponte Vecchio è un toccasana per l’anima.
Favorevole posizione quindi per il Ristornate Industria, situato nel palazzo della Marescialla , al secolo Leonora Dori Galigai, influente personaggio della corte francese nei primi anni del Settecento e dama di compagnia di Maria de’ Medici, Industria ha sede in quello che era un laboratorio, un luogo di lavoro, di creazione prima della rivoluzione industriale.
Il ristorante Industria propone piatti toscani tradizionali sì ma con uno sguardo al Veneto e in particolare alla zona di Vicenza che tante prelibatezze regala alla cucina italiana. La scelta è dello chef Andrea Venzo, classe 1975, per anni alla guida di un ristorante a Schio che, chiamato dal titolare di Industria Nicola De Lillo, ha deciso di fondere le due cucine regionali. Venzo ci è parso un cuoco equilibrato, pieno di passione che espone con grazia senza la “prepotenza” verbale di certi “chef” ( o cuochi) che salgono in cattedra appena fai una domanda.
Non un esperimento ma tanta sapienza quella che i giornalisti enogastronomici e i blogger invitati ad assaggiare i piatti hanno trovato nel menù proposto dove, sulla base toscana, si innesta la materia prima vicentina. Quelle che oggi amiamo chiamare contaminazioni si ritrovano nell’uso del baccalà e delle patate di Rozzo nei cannelloni di ricotta e porri, della tartare di chianina con aglio e pere.
La cena di degustazione si è aperta con un’insolita cartella stampa, una tovaglietta colorata piegata contenente il materiale stampa, un omaggio della casa. Il menù:tortino di asparagi bianchi di Bassano e fonduta di Asiago, tartare di chianina, a seguire ravioli di pera e pecorino erborinato con burro e nocciole, petto di faraona al tartufo con chips di patate al forno. Chiusura con un’atipica presentazione del “tipico “Gateau di Schio” con meringa alle mandorle e nocciole.
La serata di degustazione è stata piacevole, stare con colleghi e blogger (se la selezione degli inviti è gestita da professionisti del settore come Marco Gemelli) è sempre un piacere. Nel complesso forse avremmo “osato” di più su questo “matrimonio” tra Vicenza e Firenze anche se i piatti erano ben presentati e ben bilanciati. Unico neo i vini, la cui scelta (ed è la terza volta che mi capita in poco tempo) è affidata dalla proprietà a “commercianti” o “rappresentanti” e non a sommelier. Il vino sbagliato può rovinare anche il piatto migliore. #industriafirenze
Roberta Capanni