Profumi di primavera nell’aria profumi di festività Pasquali e “banchetti” sulle nostre tavole. Personalmente amo cucinare, credo si sia capito che per me preparare con amore il cibo cercare di renderlo “artistico”, sia un bisogno che mi appassiona. Il sapore è importante, ma la riuscita del piatto, la bellezza di rendere speciale e unica una pietanza è fondamentale. Mentre guarnivo una Gallet de Rois alla crema, mi sono posta una semplice domanda: “il cibo è arte o noi mettiamo arte nel cibo?”  No, non è una domanda alla Gigi Marzullo, ma una constatazione osservandolo nella sua naturale essenza.

Firenze magiare vegetale al 5 e Cinque
Firenze magiare vegetale al 5 e Cinque .crocchette di ceci

Oggi di “food” ne parliamo, lo fotografiamo, lo assaggiamo e gli inventiamo degli accostamenti molto fantasiosi. Intorno al cibo si è creato un business immenso, l’attenzione sia pubblicitaria sia della socialità, ruota intorno al cibo, sappiamo che fa parte di noi, siamo consci di dover la nostra sopravvivenza a una buona alimentazione, il cibo lo celebriamo, lo raccontiamo, ma ancora abbiamo molto da scoprire e imparare.

La storia ci ricorda, che da sempre, dai tempi più remoti attraverso gli alimenti, ci arrivano le informazioni delle epoche e della qualità di vita delle popolazioni in quel preciso momento storico. Il cibo è stato rappresentato nei mosaici, nei graffiti e successivamente nei dipinti,  ha sempre rappresentato l’ importanza “ nutrizionale”,  era osannato in quanto prodotto della natura che sfamava l’uomo, quella natura che gratificava o condannava un popolo, la natura che con le stagioni imperava sull’ abbondanza o sulla carestia.

Formaggio con frutti di bosco

Nel cinquecento s’iniziò a dipingere il cibo, non più come attore per la sopravvivenza, ma come protagonista della vita quotidiana, come ci hanno trasmesso nelle loro opere, Caravaggio con la “Canestra di frutta” e l’Arcimboldo con “l’Ortolano”. Ma cosa hanno avuto in comune tutte le epoche che si sono susseguite fino ad oggi? Il simbolismo. Esso è il linguaggio universale, il simbolo ha un suo enorme potere espressivo, la capacità di rivelare descrizioni delle cose inaccessibili, che fanno parte di mondi a noi sconosciuti ma che sono reali, anche se non evidenti nell’esperienza immediata. I Simboli sono stati da sempre espressioni delle civiltà, sono ancora oggi la forza motrice della tradizione, e il messaggio del cibo come connubio alla sacralità della vita, è pieno di simboli. Ed ecco l’uovo, simbolo universale della natura, l’immagine di Cristo che risorge, la ciclicità della vita, l’uovo cosmico e il susseguirsi delle stagioni, l’associazione che noi tutti usiamo per la festività della Pasqua, l’uovo.

Il Pane, simbolo di Cristo, ma anche del lavoro, dell’onestà, della perseveranza nel faticare con sudore per poter avere il pane, il premio per il lavoro, la pazienza che dobbiamo avere per la sua lievitazione e per una sua buona riuscita.

la Mela, il simbolo del sacro e del profano, il frutto del giudizio divino, della tentazione e del paradiso perduto, ma anche la bellezza della dea Afrodite e l’abbondanza.

L’Uva, che religiosamente accosta il corpo e il sangue di Cristo, la redenzione.

La Melagrana, simbolo di giustizia, spesso dipinta nei ritratti di Gesù, nelle sue mani insieme alla bilancia, ma anche simbolo di abbondanza nei suoi chicchi, per il ritorno alla bella stagione dopo l’inverno.

Il Pesce, simbolo di Gesù e della sua resurrezione, il pesce, e l’acqua della vita, l’inizio dell’uomo e della sua ciclicità.

Se i tempi moderni ci portano alla fotografia del cibo, al “Foodscapes”, al creare paesaggi del cibo, esso rimane l’attore principale, il potente veicolo di comunicazione immediata, dove con la semplicità di uno scatto si trasmettono informazioni di riferimento sia del luogo, sia dell’epoca ma anche del benessere della consumazione, della socialità condivisa. Come disse Lord Byron, “Tutta la storia umana attesta che la felicità dell’uomo, peccatore affamato, da quando Eva mangiò il pomo, dipende molto dal cibo”.

Elena Tempestini