di Paolo Ciampi –

monstar

Stari Most, così si chiama: e malgrado la facile assonanza non significa il “ponte di Mostar”, ma il “ponte vecchio”. Nome scontato, se si vuole, ma che per un fiorentino come me risuona sempre  in un certo qual modo. Anche a ritrovarsi lontano dall’Arno, sulle sponde di questo fiume color turchese, la Neretva.prima volta che arrivai sin qui lo Stari Most non c’era più. La sorte che perfino i nazisti avevo risparmiato al mio “ponte vecchio” era stata inflitta al magnifico ponte costruito su ordine di Solimano il Magnifico. Perché i ponti, si sa, uniscono. A volte uniscono non solo le sponde, ma anche popoli, culture, religioni. Un dono che può diventare maledizione. Stari Most, il vecchio ponte: nel 1993 i signori della guerra non esitarono a buttare giù quanto aveva resistito a secoli di storia. Bisognava tener diviso ciò che a lungo si era provato a tenere insieme.

Ero arrivato per un progetto di cooperazione internazionale, in una città spaventosamente ferita dalla guerra, i sacchi si sabbia ancora allineati perfino davanti all’ingresso dell’albergo. Eppure quel giorno, al cospetto del ponte mutilato, delle pietre precipitate nelle acque da sogno tropicale, non avevo provato solo tristezza. Intorno si facevano largo i primi bar, improvvisati come chioschi da spiaggia. Ricordo le birre appoggiate sulle macerie di qualche edificio e una canzone di Bob Marley che emergeva da qualche casa, come un saluto alla vita.

Bazar_at_Old_Bridge_in_Mostar,_Herzegovina

 A Mostar ci sono tornato qualche giorno fa. Ho potuto ammirare ciò che non mi era stato permesso una ventina di anni fa: lo straordinario ponte a schiena d’asino, dalle forme così ardite che sembra un miracolo che stia su, un miracolo quale in effetti è stato, finché l’uomo non si è accanito contro. Opera straordinaria al quale non aveva creduto nemmeno il suo architetto: per il giorno in cui finalmente si sarebbe tolta l’impalcatura lui aveva preparato anche il suo funerale, sicuro che con il crollo il sultano avrebbe preteso la sua testa.

Bello, bellissimo, il ponte di Mostar, ricostruito con le tecniche medievali e oggi classificato come sito Unesco. Fin troppo bello, con le sue pietre nuove e lucide: il vecchio ponte che in realtà è un nuovo ponte. Oggi Mostar è un’affollata meta turistica, con i pullman di turisti che arrivano anche dalla costa della Dalmazia, per una gita tutto compreso. Si sgomita per scattare una foto e non è semplice lo slalom tra i negozi di paccottiglia e i camerieri che provano a spingerti dentro locali dai menù tutti uguali.

mostar-scritta

Allora strani pensieri hanno cominciato ad accompagnarmi. Perché in realtà non so bene cosa sia davvero giusto: se auspicare una ricostruzione tale da permetterci di ricordare o se invece…. non lo so. Poi un cartello, un modesto cartello con lettere verniciate di nero, mi è venuto incontro. Spuntava al lato di un banco di souvenir, quasi una preghiera: “Don’t forget”, non dimenticate. Mi ha fatto sentire meglio.

I passi mi hanno portato un po’ più lontano dal ponte, in un luogo senza scatti di macchine digitali, senza il brusio di sottofondo.Fino a una vecchia osteria scalcinata, evidentemente solo per la gente del posto, più qualche sporadico turista. Cucina bosniaca. Dai tavolini fuori, la vista dava su una casa che conservava solo una facciata. Più in là                                                               qualche parete ancora crivellata dai colpi.

Su_Böreği

Con il dito, ho indicato un mix di piatti: il, la torta salata che va per la maggiore, l’onnipresente cevap,  i peperoni ripieni. E la baklava, dolcetto al miele, per dessert. Infine il caffè che qui chiamano alla bosniaca, come in Grecia dicono alla greca e in Turchia alla turca. Servito con tazzina e bricco di rame e con tutto il tempo che è necessario perché la polvere si depositi, perché ogni goccia sia assaporata.

Il caffè più lungo che abbia preso. Con quei pensieri per la testa. E la storia di Stari Most, il ponte vecchio, che ha continuato a parlarmi del tempo e di ciò che l’uomo fa al tempo.http://ilibrisonoviaggi.blogspot.it/

Paolo Ciampi